Omelia ai Seminaristi

( 2 Sam 24,2. 9-17 ;   Mc 6,1-6)

5 febbraio 2014

Davide peccò di superbia. Volle che fosse fatto il censimento del suo popolo, volle sapere qualeo fosse il numero dei suoi sudditi. Era un modo per sentirsi forte, per contare sulle proprie forze in caso di guerra. Dio era fuori orizzonte in quella operazione; Dio non c’entrava; non era lui, Dio, il fondamento della forza, della potenza e della sicurezza di Davide. Davide si sentiva sicuro di sé per il numero dei sudditi su cui regnava: un milione e trecento persone capaci di portare le armi!

La superbia è qualcosa di quanto mai sbagliato nell’atteggiamento dell’uomo. L’uomo è radicalmente bisogno, povertà, debolezza. Ogni realtà su cui egli pensa di potersi appoggiare è fragile; l’uomo che si fonda su di sé viene meno. Solo Dio è la sua forza; è Dio che gli dà consistenza, vita, futuro. Ma quanto questo è dimenticato! Quante cose fa l’uomo pensando di poterle fare da solo; tentando attraverso di esse di darsi statura, assicurarsi il bene, la realizzazione, il successo! Anche nella vita spirituale è poco chiara, e poco fatta propria la dichiarazione di Gesù: “Senza di me non potete dare nulla” (Gv 15,5). Quanto poco l’uomo spirituale è convinto di ciò! Ricorrerebbe di più alla preghiera; non inizierebbe nessuna azione senza aver chiesto aiuto a lui; senza sentirsi dipendente da lui! E invece quante cose vengono fatte “in autonomia”!

La superbia sfocia facilmente nella presunzione.  Gli abitanti di Nazareth sentirono, quel giorno di sabato, Gesù dire cose straordinarie, cose che lasciavano trasparire una straordinaria, divina sapienza. Ma non si lasciarono interrogare dalla domanda che sorse loro in cuore: “Donde gli vengono queste cose? Che sapienza è mai questa?”. Sì, se la posero la domanda, ma si diedero anche la risposta, se la diedero da sé: “Costui è il falegname, il figlio di Maria. Lo conosciamo. Quindi niente di particolare”.

La presunzione chiude la persona a ogni verità fuori di lei. Il presuntuoso sa tutto lui, vede bene lui; nessuno vede meglio di lui; e allora non ascolta consigli, non chiede pareri, non si lascia smuovere dalle sue convinzioni e dalle sue posizioni.

Superbia e presunzione portano un grande danno nella vita di relazione; fanno soffrire le persone; disturbano i rapporti. Davide, una volta ravveduto, disse a Dio: “Io ho peccato; io ho agito da iniquo; ma queste pecore che hanno fatto?”, riferendosi al popolo colpito, per causa sua, dalla peste. Il superbo, il presuntuoso fa soffrire, induce sofferenza.

Ci dia il Signore – ecco la grazia che vogliamo domandare-, umiltà e capacità di ascolto; apertura al fratello, e non chiusura in noi stessi, nel nostro  superbo e presuntuoso “IO”.

 

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