Domenica di Sessagesima

(2 Cor 11,19-33;12,1-9; Lc 8,4-15)

23 febbraio 2014

San Paolo era un carattere forte. Nella prima lettura abbiamo sentito da lui una specie di riassunto di quanto egli abbia patito e sopportato nell’opera di diffusione del Vangelo.

Gli studiosi calcolano che egli abbia percorso circa quindicimila chilometri a piedi, o su di un carro, nei suoi numerosi viaggi apostolici. Viaggi sostenuti in condizioni di ogni tipo, in qualsiasi situazione meteorologica, con continui rischi di aggressione da parte di briganti e di ladroni. Si rischiava davvero la vita a quel tempo, nei viaggi, specialmente se ci si addentrava in zone impervie e poco abitate come quelle dell’altopiano anatolico in cui si spinse san Paolo.

Giungeva in città ai limiti dell’impero romano, come Iconio, Listra, Derbe; o in città tra le più celebri del mondo allora conosciuto, come Tessalonica, Atene, Corinto: Atene, la culla dell’antica civiltà; Corinto, che contava seicentomila abitanti. Erano città pagane, in cui pullulavano culti religiosi tra i più disparati e i più degradanti: a Corinto il tempio della dea Afrodite contava un migliaio di prostitute sacre a cui gli uomini si univano in una sorta di rito religioso.

Paolo vi giungeva con due o tre suoi collaboratori, e si presentava alla gente forte solo della parola di Dio, “con grande timore e trepidazione”, come ebbe a dire egli stesso (1Cor 2,3); annunciando Cristo crocifisso, un annuncio ritenuto “scandalo dai Giudei e stoltezza dai pagani” (1Cor 1,23); un annuncio che comportava un cambiamento di costumi e di vita profondi, cambiamento difficile da accettare.

Paolo incontrò difficoltà, ostacoli e opposizioni di ogni genere: a Listra fu preso a sassate fino ad essere lasciato sul terreno mezzo morto (At 14,19); a Damasco dovette fuggire in modo rocambolesco facendosi calare in una cesta lungo le mura della città perché cercato a morte; a Filippi fu spogliato delle vesti, bastonato e gettato in prigione (At 16,22-23); a Corinto fu trascinato in tribunale davanti al proconsole Gallione, il quale però lo scagionò da ogni accusa (At 18, 12-15).

Fondò numerose comunità cristiane, ma dovette assistere all’arrivo in quelle comunità, dopo di lui, di altri missionari cristiani che predicavano un cristianesimo del tutto diverso da quello predicato da lui, mettendo a repentaglio la fede dei suoi fedeli appena convertiti (Fil 3,2); Paolo dice di provare un assillo quotidiano, una grande preoccupazione per quelle comunità; comunità che, oltre tutto, lo facevano soffrire per la loro litigiosità interna (Fil 4,2), per la mancanza di comunione delle persone tra di loro (1Cor 1,10-12), per cedimenti allo stile di vita pagano in campo sessuale (1Cor 5,1-2).

E Paolo sopportò tutto, affrontò tutto, non si lasciò piegare e fermare da nulla. Egli aveva un amore dentro di sé; aveva un amore forte nel cuore: l’amore di Gesù per lui, e l’amore suo per Gesù. Egli scrisse nella lettera ai Galati, e chissà quante volte se lo sarà ripetuto nei suoi lunghi viaggi, nei momenti di maggiore fatica e dolore: “Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me sulla croce” (Gal 2,20); “l’amore di Cristo mi possiede; Cristo è morto per me, per cui io non vivo più per me stesso, ma vivo per lui che è morto e risorto per me” (2Cor 5,14-15).

Paolo era innamorato di Cristo; Cristo Gesù era tutto per lui: “Io non so altro che Cristo, e Cristo crocifisso”, scrisse ai Corinzi, svelando il segreto del suo cuore, del suo agire, del suo esistere, di tutto se stesso (1Cor 2,2). Paolo era innamorato di Cristo!

E noi siamo innamorati di Cristo? È lui il nostro amore più grande? Nessuno, carissimi, ci ha amati come lui e più di lui. Neppure i nostri genitori, neppure coloro che ci hanno dato la vita. Non ci hanno amato e non ci amano come lui e più di lui i nostri figli, il coniuge che abbiamo a fianco, gli amici più cari; nessuno! Nessuno ci ha amati e ci ama come Gesù! A lui noi dobbiamo il nostro amore più grande, il nostro amore più fedele, il nostro amore più generoso, il nostro amore assoluto, completo e totale.

“Signore, fa’ che io ti ami come è giusto; come meriti di essere amato; che io ti ami sempre di più. Che per te io sopporti ogni cosa; che ti sappia difendere di fronte a chi ti offende e ti vuole male; che io ti sappia annunciare con la parola e con la vita; che ti sia testimone fedele e credibile; che io ti voglia in ogni cosa fare contento; che in niente, mai, ti abbia a disgustare. Gesù, ti voglio voler bene!”

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