Castità

Nella mia adolescenza e prima giovinezza ebbi il dono di educatori che mi presentarono esempi di Santi, e di Santi particolari. A quell’età la virtù della castità non mi fu tanto spiegata con ragionamenti e per mezzo di concetti, quanto piuttosto mi fu messa davanti, in tutto il suo splendore, per mezzo di figure precise e concrete di Santi che l’avevano vissuta.

Ricordo lo stupore nel sentir parlare di sant’Agnese, giovane ragazza di dodici anni, vissuta nel terzo secolo d.C., che aveva votato a Dio la sua verginità, e che fu esposta nuda nel Circo Agonale a Roma, a punizione d’aver rifiutato le nozze col figlio del Prefetto della città, invaghitosi di lei. Dio difese la sua castità coprendo il suo corpo con lunghi capelli, prima che fosse uccisa.

Ricordo l’interesse con cui seguivo il racconto della vita di san Luigi Gonzaga, figlio dei Marchesi Gonzaga, vissuto a corte con grande modestia e castità, tanto da essere additato dalla Chiesa come modello di purezza alla gioventù di tutto il mondo. Morì nel 1591 all’età di ventitré anni.

Mi commoveva l’esempio di san Domenico Savio, col suo proposito “La morte, ma non peccati”, morto nel 1857 a quindici anni; e il martirio di santa Maria Goretti, uccisa a coltellate nel 1902 a dodici anni, per non aver ceduto alle voglie di un giovane che voleva abusare di lei.

Questi esempi, e altri ancora, accesero in me il desiderio di vivere in castità, cosa che intuivo, più che capire, ma che misteriosamente mi attirava con forza. Crescendo, presi coscienza sempre di più di questa virtù, e mi fu di grande stimolo e aiuto conoscere e approfondire l’esempio di Maria, la madre di Gesù, e di Gesù stesso. L’Immacolata Concezione esercitava su di me un fascino del tutto particolare, la pregavo; e ritengo un segno e un dono del Cielo l’aver indossato per la prima volta la veste talare nel giorno della sua festa, l’otto dicembre 1958, in una giornata segnata da un’abbondante nevicata; neve in cui io vidi un invito e un richiamo alla purezza.

Sant’Agostino dice: “La castità fa gli angeli, e chi la conserva è un angelo”. A dirlo è un santo che fino all’età della conversione – trentatré anni – non fu capace di viverla; e ciò ci fa capire come la castità non sia una virtù facile, che viene spontanea. Senza arrivare all’aberrazione di Nietzsche che afferma: “La predicazione della castità è istigazione pubblica alla contro-natura; ogni disprezzo della vita sessuale, ogni contaminazione della medesima mediante la nozione di ‘impurità’ è vero e proprio peccato verso il sacro spirito della vita”. Dobbiamo ammettere che la castità non è una virtù facile da vivere.

Ricordo il Corso di Santi Esercizi spirituali in preparazione al Suddiaconato, nel 1964. A predicarli a noi chierici fu un Padre saveriano, Padre Amato d’Agnino, il quale impostò tutto il Corso sulla virtù della castità e della verginità, facendocene intravvedere la bellezza e la preziosità. Col Suddiaconato noi ci impegnavamo alla castità nel celibato. Il Corso mi prese particolarmente, ma restai di sasso quando, nell’ultima meditazione, quella conclusiva, il predicatore ci disse: “Beh, non pensiate di essere capaci di mantenere per tutta la vita il celibato e la castità!”. Entrai in panico…; per fortuna esso durò poco, perché, dopo una pausa – che a me sembrò interminabile – il predicatore continuò dicendo: “Voi, con le vostre sole forze, non ne sareste capaci, ma Dio, che vi chiama, è capace di farvi perseverare fino alla fine della vita in purezza e castità”. Tirai un sospiro di sollievo, e in quel momento feci il proposito che avrei tutta la vita pregato il Signore di mantenermi puro e casto.

In effetti, è con la preghiera che si ottiene la castità, sia la castità nel celibato, sia la castità coniugale. Nel Libro della Sapienza è riportata una bellissima preghiera di Salomone. Essa è rivolta a Dio per ottenere il dono della sapienza, ma può essere rivolta tale e quale al Signore per chiedere il dono della castità. La preghiera dice così: “Sapendo che non l’avrei altrimenti ottenuta – la sapienza, noi diciamo: la castità -, se Dio non me l’avesse concessa, – ed era proprio dell’intelligenza sapere da chi viene tale dono –  mi rivolsi al Signore e lo pregai, dicendo con tutto il cuore: ‘Dio dei padri e Signore di misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, che governi il mondo con santità e giustizia, dammi la sapienza (dammi la castità) che siede in trono accanto a te, e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, perché io sono tuo servo, uomo debole, incapace di vivere secondo i tuoi comandi e i tuoi precetti” (Sap 8,21 – 9,5). E il Libro del Siracide ci fa pregare così: “Signore, padre e Dio della mia vita, non mettermi in balìa di sguardi sfrontati e allontana da me la concupiscenza. Sensualità e libidine non s’impadroniscano di me; a desideri vergognosi non mi abbandonare” (Sir 23,4-6). Abbiamo bisogno di tanta preghiera, per vivere in castità.

E alla preghiera deve unirsi la mortificazione. “Non ti abbandonare alla tua passione – esorta il Libro del Siracide – perché non ti strazi come un toro furioso; divorerà le tue foglie e tu perderai i tuoi frutti, sì da renderti come un legno secco. Una passione malvagia rovina chi la possiede e lo fa oggetto di scherno per i vicini” (Sir 6,2-4). E Gesù con forza dice: “Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella geenna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella geenna” (Mt 5,29-30). Occorre lottare, occorre combattere contro il vizio e il dèmone della lussuria. “Addestra, Signore, le mie mani alla guerra, le mie dita alla battaglia”, chiede il salmista (Sal 144,1).

La castità è una virtù meravigliosa. Conserva un grande equilibrio nella persona, facendo sì che lo spirito non sia schiavo del corpo, e che il corpo riceva dignità dallo spirito. La castità custodisce l’amore. Solo chi è casto, ama veramente; l’impuro non ama. Dice Tagore: “La castità è una ricchezza che viene da un’abbondanza d’amore, non da mancanza di esso”. La castità è sinonimo di libertà; libertà dall’istinto, libertà di dono, libertà di relazioni vere, positive e buone.

Il mondo sembra conoscere poco questa virtù, e alle volte arriva a deriderla e a denigrarla; ma è grande cosa, invece, con la grazia di Dio, saperla vivere e praticare; saperla lasciare, involontariamente, trasparire, come un dono, come una bella notizia, come un invito a qualcosa di grande, di bello, di sublime, di profumato, di angelico, di divino.

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