1° Domenica di Passione

(Ebr 9,11-15;   Gv 8,46-59)

6 aprile 2014

Quando Gesù dalla Galilea saliva a Gerusalemme in occasione di qualche festività ebraica, e si intratteneva nei cortili del tempio ad insegnare, veniva a trovarsi in situazioni molto difficili.

Anche in Galilea c’erano gli scribi e i farisei, ma a Gerusalemme la presenza degli scribi e dei farisei era molto più forte. Lì, oltre agli scribi e ai farisei comuni, per così dire, c’erano i dottori della legge, scribi e farisei molto più istruiti nella legge mosaica e nelle tradizioni dei padri; lì esercitavano la loro funzione le guide religiose a cui tutto il popolo faceva riferimento. A Gerusalemme sorgevano le grandi scuole rabbiniche, faro della religione di Israele.

Gesù a Gerusalemme veniva a trovarsi improvvisamente circondato da nemici che osteggiavano in tutti i modi il suo insegnamento. Molte volte, e ripetutamente, i Vangeli annotano che scribi, farisei e dottori della legge gli si avvicinavano con quesiti e domande “per metterlo alla prova”, cioè per coglierlo in fallo e avere di che accusarlo.

Il brano di Vangelo che abbiamo ascoltato riprende proprio uno di questi momenti.

Gesù era salito a Gerusalemme per la festa delle Capanne, festa molto sentita e frequentata dal popolo ebraico. Numerosi erano i pellegrini che salivano alla città santa in occasione di quella festa, e possiamo pensare che in quella occasione Gesù avesse un pubblico più numeroso di sempre ad ascoltarlo. Ciò non poteva essere gradito ai farisei e ai dottori della legge, i quali fortemente lo attaccarono e lo aggredirono con pesanti accuse. Arrivarono a dirgli: “Tu sei un samaritano cioè un eretico, e un indemoniato. Tu hai un demonio!”  E a un certo punto raccolsero delle pietre per lapidarlo, come si faceva con i bestemmiatori.

Gesù sostenne il contraddittorio con somma lucidità, fermezza e pazienza. Ai suoi interlocutori egli offerse la verità di se stesso: “Io non ho un demonio – egli disse -; voi in me non potete trovare nessun peccato; io vengo da Dio, e la verità che io vi dico è la verità di Dio. Le mie parole sono tali che, a chi le accoglie, danno la vita eterna. Io sono più grande del nostro padre Abramo, ed esisto da prima di lui, perché sono Dio.”  Il dire di se stesso. “Io sono”, l’applicare a se stesso l’espressione “Io sono”, era per Gesù un affermare la propria divinità, in quanto “Io sono” era il nome che Dio aveva dato a se stesso nell’Antico Testamento (Es 3,14).

Ma i suoi interlocutori non accettano quanto Gesù dice di sé. Anzi, lo contestano e lo rifiutano, fino a cercare di ucciderlo. I loro schemi mentali, di tipo religioso, li rendono ciechi e irremovibili dalle loro posizioni. E sì che non è possibile che non avessero sentito parlare dei miracoli che Gesù aveva compiuto: aveva cambiato l’acqua in vino a un pranzo di nozze; aveva guarito dei lebbrosi, aveva perfino risuscitato un morto! Ma i loro schemi mentali li rendevano ciechi, sordi, ostili a ogni verità.

È terribile la chiusura nei propri schemi mentali! E tutti rischiamo di averne! La nostra mentalità, il nostro modo di vedere le cose, i nostri gusti, la nostra personale sensibilità, l’educazione che abbiamo ricevuto, l’ambiente in cui siamo cresciuti, gli egoismi e gli attaccamenti a noi stessi, che sono magari più profondi di quanto pensiamo e di cui non abbiamo piena consapevolezza, rischiano di fissare in noi, nella nostra mente, degli schemi rigidi e duri, una specie di corazza, che non si lascia scalfire neppure dalla verità più chiara e più evidente.

Da dove nascono, infatti, tanti contrasti, tante incomprensioni, tante ostilità e inimicizie, se non da schemi mentali diversi che non sono capaci di aprirsi gli uni agli altri, che non riescono, o non vogliono, lasciarsi mettere in discussione per una ricerca sincera, spassionata della verità, di ciò che è giusto e buono?

Ci apra il Signore la mente, e ci apra soprattutto il cuore, perché il cuore può aprire la mente, mentre finchè il cuore resta chiuso, neanche la mente riesce facilmente ad aprirsi.

“Signore, dacci cuore e mente che desiderano la verità, così che possiamo essere tra noi una cosa sola, in una grande, bella, serena e gioiosa comunione di persone che si ascoltano, si accolgono, si aprono le une alle altre e si vogliono bene. Così tu ci vuoi.”

 

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