5° Domenica dopo Pasqua

(Gc 1,22-27 – Gv 16,23-30)

25 maggio 2014

“Finalmente, Gesù, parli che ti si capisce”, dissero gli apostoli la sera dell’ultima cena, quando Gesù, parlando della sua morte imminente, disse: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo e torno al Padre”. “Ora ti capiamo, Gesù. Prima, quando dicevi: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, non ti capivamo; eri oscuro nel tuo parlare; ora invece parli che ti si capisce”.

Capire è importante, ma non basta capire. San Giacomo nella prima lettura, con la franchezza e con l’immediatezza che lo caratterizza, ci ha detto. “Carissimi, siate di quelli che mettono in pratica la Parola di Dio, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi”. Quante volte noi ascoltiamo la Parola di Dio, e la capiamo, ma poi non la viviamo, non la mettiamo in pratica!

La Bibbia, che è la Parola di Dio, non è un libro semplice; fu scritto, nelle sue parti più antiche, 3.000 anni fa; nelle sue parti più recenti 2.000 anni fa; in contesti e culture molto diverse dalla nostra oggi. Ci sono parti della Bibbia di difficile interpretazione; ne sono prova certi movimenti religiosi che proprio partendo dalla Bibbia, mal capita e male interpretata, hanno dato origine a sistemi e indirizzi di vita sbagliati. Esistono al mondo università prestigiose, che con gli strumenti più rigorosi e approfonditi raggiungono l’autentico e vero senso della Sacra Scrittura.

Ma ci sono parti nella Bibbia che sono di una semplicità e di una chiarezza disarmante, totale, assoluta. C’è forse bisogno di particolare esegesi per capire il senso delle parole di Gesù: “Se stai per presentare la tua offerta all’altare, e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello, e poi torna ad offrire il tuo dono”? (Mt 5,23-24). Ha forse bisogno di particolare esegesi la frase di Gesù: “Non potete servire a due padroni; non potete servire a Dio e al denaro”? (Mt 7,24). Non sono frasi immediatamente comprensibili, queste? E non è subito chiaro il senso delle parole: “Vegliate e pregate per non cadere nella tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”?  (Mt 26,41).

Sì, la Parola di Dio è sufficientemente chiara; e ci viene offerta in grande abbondanza. Ma cosa facciamo noi della Parola di Dio?

Carissimi – ci ha esortati san Giacomo – siate di quelli che mettono in pratica la Parola di Dio, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi”.

La Parola di Dio ha una forza e un’efficacia straordinaria; con la sua Parola Dio ha creato l’universo; tutto ciò che esiste, esiste per la Parola che Dio ha pronunciato. “Egli disse: ‘Sia la luce’, e la luce fu. Dio disse: ‘Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto. E così avvenne” (Gen 1,3.9). Gesù dice: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue”, e il pane e il vino diventano lui (Mc 14,22-24).

La Parola di Dio è efficace, ma ha bisogno di cadere su di un terreno buono. Ci può essere un terreno sassoso; terreno sassoso, dice Gesù, “è l’uomo che ascolta la Parola e subito la accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, e nell’ora della tentazione viene meno” (Mt 13, 20-21).

Ci impediscono di mettere in pratica la Parola di Dio ascoltata le mille occupazioni e le mille distrazioni che affollano la nostra mente appena udita la Parola. A sera del giorno che abbiamo partecipato alla Messa forse non ricordiamo più neppure il Vangelo che ci è stato proclamato; o la prima Lettura.

Ci impedisce di mettere in pratica la Parola di Dio ascoltata la mancanza di un proposito chiaro, preciso, concreto, formulato in base alla Parola di Dio ascoltata, così che essa possa portare frutto nella vita. Lasciamo che la Parola ascoltata ci scivoli addosso, senza farle agganciare un punto preciso della nostra vita, senza che essa individui un comportamento concreto che va cambiato e modificato; un qualcosa di preciso su cui impegnarci.

Ci impedisce di mettere in pratica la Parola di Dio ascoltata una sorta di tiepidezza e d’indolenza spirituale, per cui vivacchiamo, senza lasciarci toccare e interpellare veramente e profondamente da Dio.

Del giovane Samuele, diventato poi il grande profeta Samuele, la Bibbia dice che egli “non lasciava andare a vuoto una sola delle parole che Dio gli rivolgeva” (1Sam 3,19).

Ecco la sfida: non essere “ascoltatori” soltanto della Parola di Dio, ma essere “facitori” della Parola di Dio. Solo se saremo “facitori” della Parola di Dio diventeremo quella cosa bella che il Signore da sempre ha pensato per noi; altrimenti resteremo una realtà piccola, imperfetta, di scarso valore, una realtà incompiuta.

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