Solennità del Santo Natale 2014

(Is 52, 7-10;   Ebr 1-12;   Gv 1,1-14)

25 dicembre 2014

Sì, “noi vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre”. La gloria di Dio, che da sempre brilla in cielo e si estende per la distesa dell’universo, è brillata sulla terra a Betlemme, nella nascita del Signore Gesù.

Glorioso è il bambino di Betlemme venuto al mondo come ogni altro bambino; glorioso è quel bambino nato non in una reggia ma in una stalla; glorioso è quel bambino bisognoso del latte della madre per vivere e sopravvivere. Quel bambino è glorioso perché è il Verbo di Dio fatto uomo; è l’infinito rinchiuso nel finito; è l’eterno rinchiuso nel tempo; è l’onnipotenza rinchiusa nella debolezza.

Tutto ciò sarebbe “gloria”? Non è forse limite, condizionamento, impoverimento che Dio si sia fatto creatura…? No, ciò è davvero “gloria”! perché è amore, e l’amore è “gloria”! solo l’amore è glorioso!

Quella gloria -dice Giovanni- è luce. “Venne nel mondo la luce vera, la luce che illumina ogni uomo”. Betlemme è luce; è luce di bontà, di misericordia; di braccia divine aperte ad accogliere il mondo, il mondo rovinato e perduto. Betlemme è speranza, fiducia, salvezza. “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”, ci ha detto Giovanni. Nulla e nessuno lungo la storia fu in grado e sarà in grado di spegnere quella luce; quella luce brillerà fino alla fine dei tempi e per tutta l’eternità. E’ la luce di Dio, è la luce dell’amore, e nulla e nessuno riesce a spegnere l’amore!

Quella gloria è vita. “In lui era la vita”. In quel bambino viveva la vita; non solo la vita di uomo, ma la vita di Dio. Quel bambino era vita per il mondo. Sì, egli sarebbe morto in croce, avrebbe perso la sua vita umana, data in olocausto per nostro amore, ma ci avrebbe donato, con ciò, la vita divina; avrebbe fatto di noi dei “figli di Dio”. “A quanti l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”.

Gloria, luce, vita! Ecco cos’è quel bambino. Egli è l’essere più importante, più prezioso, più decisivo per tutto l’universo e per tutta la storia dell’umanità.

E’ accaduto che molti lo rifiutassero. “Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”. E’ il mistero del cuore umano, che può arrivare fino al punto di rifiutare Dio.

“Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti -ci ha detto la prima lettura- ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio suo”. Il Figlio di Dio, nato a Betlemme, è la parola definitiva di Dio; è la parola fatta carne, è la parola che esprime l’amore infinito di Dio per il mondo. Dio non aveva una parola più grande, una parola più santa, una parola più sua, più intima, più personale e più alta, da pronunciare al mondo. Quella è la parola sublime, l’ “ultima” parola di Dio, perché una parola “oltre” quella parola Dio non saprebbe e non potrebbe pronunciare. E’ suo Figlio stesso, quella parola! è’ la parola fatta persona! è il Verbo di Dio fatto carne: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.

Tale parola è posta nelle nostre mani. Essa è potente, è onnipotente, perché è parola di Dio, e anzi è Dio stesso; ma nello stesso tempo è una parola fragile, delicata, indifesa, come è fragile e indifeso un bambino. Noi potremmo anche trascurare, maltrattare, dimenticare quella parola.

E’ Natale: è il grande “sì” pronunciato da Dio a noi; sia anche il grande e generoso  “sì” pronunciato da noi a Dio.

don Giovanni Unterberger

 

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