3° Domenica dopo Pasqua (forma straordinaria)

(1 Pt 2,11-19; Gv 16,16-22)

Belluno, chiesa di s. Stefano, 26 aprile 2015

“Nessuno potrà togliervi la vostra gioia”. Che straordinaria pretesa di Gesù! Gesù dice di avere una gioia per i suoi apostoli, per i suoi discepoli, per noi, tale che nessuno potrà toglierci. Come sarà mai questa gioia? Dev’essere una gioia tutta speciale, tutta particolare per essere al riparo da ogni insidia, da ogni attacco, e da qualsiasi cosa ed avvenimento che potrebbe vincerla e soffocarla. Dev’essere una gioia divina; divina, perché le gioie umane sono tanto deboli e fragili; basta poco: è sufficiente un contrattempo, un contraddittorio, un’incomprensione, una preoccupazione, un malessere, e la nostra gioia, umana, è già andata perduta.

“Nessuno potrà togliervi la gioia che vi do io”, dice Gesù; “la mia gioia nessuno ve la porterà via”. Come sarà dunque questa gioia?

Gesù fece la promessa della gioia durante l’ultima cena, richiamandosi e rifacendosi alla sua imminente risurrezione. Gli apostoli sarebbero stati nel dolore e nella sofferenza per la morte di Gesù, ma poi sarebbero approdati alla gioia il giorno della sua risurrezione. “I discepoli gioirono al vedere il Signore”, dice l’evangelista Giovanni, raccontando l’apparizione di Gesù nel cenacolo la sera di Pasqua (Gv 20,20). E l’evangelista Luca riporta le parole dei due discepoli di Emmaus quando riconobbero Gesù risorto nel pellegrino che aveva fatto strada con loro: “Non ci ardeva forse il cuore in petto -dissero- mentre conversava con noi lungo il cammino e ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32). Gesù risorto è la gioia.

La gioia di avere Gesù risorto è una gioia “fine”. Non è una gioia grossolana; non è una gioia “a buon mercato”. La gioia di avere Gesù risorto domanda finezza di spirito; richiede profondità di cuore; domanda ed esige un’ascesi di vita spirituale forte, coraggiosa e perseverante. Si dispone ad avere questa gioia colui che cerca il Signore con tutto il cuore; colui che mette il Signore in cima a tutti i propri progetti, a tutti i propri desideri, a tutti i propri beni. Gesù al di sopra di tutto. Colui che mette Gesù al di sopra di tutto arriva a questa gioia, riceve dal Signore questa gioia.

E questa gioia è davvero una gioia che è al riparo da ogni insidia e al sicuro da ogni nemico che la potesse turbare, rovinare e rubare. Perché è la gioia della presenza del Cristo risorto, del Cristo vittorioso, di Colui che ha vinto tutto e che vince tutto, qualsiasi nemico, qualsiasi preoccupazione, qualsiasi dolore, perfino la morte e il peccato.

Ma insieme questa gioia può accompagnarsi al dolore; può, alle volte, essere una gioia “secca”, per così dire; una gioia che non è esuberanza del cuore, tripudio dell’anima, esenzione da ogni fatica e sofferenza. La gioia di Gesù può calarsi dentro circostanze di vita dolorose e di grandi patimenti, ed essere quindi una gioia non sensibile, che lascia avvertire la fatica e il dolore della prova e della difficoltà. Il cuore sanguina, la mente è preoccupata, il corpo è dolorante, ma nelle pieghe più profonde dell’anima c’è pace, c’è serenità, c’è tranquillità, c’è gioia, la gioia del Signore risorto che dice: “Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo” (Gv 16,33).

Proprio mentre preparavo questa omelia mi è giunto un sms. Ad inviarmelo era una signora che mi comunicava l’esito dell’esame istologico di un suo fratello di quarantotto anni affetto da tumore. L’sms diceva così: “L’esame ha rivelato che si tratta di un carcinoma molto aggressivo. I medici mi hanno detto che la vita di mio fratello è al termine. Non so quanto gli resterà da vivere. Dio ha consentito che suo Figlio venisse straziato, flagellato e crocifisso a trentatré anni, e poi risorgesse. Solo così riesco ad accettare ciò che sta succedendo e a darmi pace. Sia lodato il Signore. Romina”.

Ecco la pace, la gioia; la gioia “secca”. Gioia che alle volte è esultanza e solo esultanza, e alle volte è gioia nella sofferenza. E’ la gioia che dà il Signore, e che nulla, proprio nulla, può toglierci e portarci via.

“Vi do la mia gioia, gioia che nessuno vi potrà togliere”, ci ha promesso e assicurato il Signore. E noi gli diciamo: “Signore, dacci la tua gioia. Abbiamo bisogno della tua gioia!”

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