24° Domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

(Col 3,12-17;   Mt 13,24-30)

Belluno, chiesa di s. Stefano, 8 novembre 2015

La lezione che Gesù diede agli apostoli, e che oggi dà a noi, con la parabola del grano e della zizzania, è lezione di pazienza. Una lezione tanto importante, e tanto necessaria, perché l’uomo fa fatica a essere paziente, e facilmente cade nell’impazienza, Basti pensare a come spesso camminiamo in fretta, più di quanto sarebbe necessario; quanto ci irriti ogni piccolo intoppo e ogni piccolo ostacolo ai nostri progetti e ai nostri programmi; quante volte cominciamo a parlare prima che il nostro interlocutore abbia terminato il suo dire e sovrapponiamo la nostra voce alla sua. Questi sono piccoli esempi di impazienza, ma molti altri, e più grandi, ne potremmo portare.

Gli apostoli dovevano essere impazienti perché stando con Gesù, sentendo e ascoltando come lui pensava e desiderava il mondo, le cose e l’umanità, e vedendo come il mondo, le cose e l’umanità fossero tanto diverse da come lui le indicava e le prospettava, si sentivano incapaci di sopportarle; avrebbero voluto che tutto cambiasse velocemente. E invece i farisei continuavano a rimanere chiusi al messaggio di Gesù e attaccati alla lettera della legge; i pubblicani continuavano a fare i pubblicani; i sadducei continuavano a gestire in modo interessato e mondano il culto al tempio; nessuno spiraglio si apriva all’orizzonte per un’eventuale liberazione dall’occupazione romana. Le cose così com’erano non piacevano agli apostoli! Tutto sembrava restare fermo e immobile!

Gesù, con la parabola del grano e della zizzania, descrivendo il Regno di Dio come un campo di grano e di zizzania insieme, cioè come una realtà di bene e di male coesistenti tra loro, invitando alla pazienza e assicurando che alla fine il male sarebbe stato vinto ed eliminato, voleva insegnare agli apostoli, e oggi a noi, che il Regno di Dio, cioè il disegno di salvezza del Signore, viene avanti e si realizza anche in mezzo a difficoltà, a ostacoli, a difetti, a limiti e a peccati.

Noi vorremmo che tutto filasse diritto, che tutto fosse a posto, che ogni uomo compisse il suo dovere e fosse fratello al fratello. Questo è ciò che vorrebbe anche Dio; anche Dio vorrebbe che la terra, il mondo, fosse quel paradiso terrestre che egli aveva creato all’inizio; vorrebbe che l’umanità tutta fosse ‘un cuor solo e un’anima sola’; e tuttavia pazienta e sopporta, con sofferenza, tutto il male che c’è nel mondo e dentro la storia degli uomini, sapendo però che, pur dentro un mondo così disastrato e dentro una storia umana così rovinata, egli porta avanti il suo disegno di redenzione e di salvezza.

Questa fiducia ci è necessaria. La parabola del grano e della zizzania è una sfida alla nostra fede; è un aiuto e un sostegno alla nostra fede Con questa parabola Gesù vuole sostenere in noi una visone ottimista delle cose ‘al di là’ e ‘oltre’ tutto ciò che non va. Dio agisce e opera. Il buon grano non sarà soffocato dalla zizzania. Alla fine la zizzania verrà bruciata.

Questa fede, la fede che Dio sa custodire il bene, e sa addirittura ricavare del bene dal male, è fondamento alla nostra pazienza. Noi saremo capaci di pazientare e di sopportare, di attendere l’azione salvifica di Dio che egli certamente compirà, proprio perché sappiamo e crediamo che, nonostante il male che ci fosse ancora in noi e attorno a noi, Dio saprà vincere il male e saprà portare tutto a bene.

Non è una pazienza senza fondamento, la nostra! Ci dia il Signore questa pazienza. “Con la vostra pazienza salverete la vostra vita”, dice Gesù (Lc 21,19).

E il Vangelo non lo dice, ma forse Gesù, dopo aver raccontato la parabola del grano e della zizzania agli apostoli, disse loro: “Voi cercate di essere buon grano…”!

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