Giovedì Santo 2016

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(Es 12,1-8, 11-14;   1Cor 11, 23-26;   Gv 13.1-15)

Perarolo di Cadore, 24 marzo  2016

Giovedì santo, ultima cena del Signore. Cena sacrificale. Cena d’amore. Gesù aveva capito che le sue ore di vita erano ormai contate; una grande congiura contro di lui era stata ordita da tempo, ed ora stava per compiersi. Il cerchio dell’odio che l’avrebbe portato alla morte era inesorabilmente stretto attorno alla sua persona. Gesù, in quanto Dio, avrebbe potuto agevolmente sfuggire a quelle trame, ma volle rimanere fedele alla volontà del Padre fino in fondo, e volle amare i suoi, cioè noi, fino alla fine. Il Vangelo ci ha detto che Gesù, “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, cioè fino all’estremo.

Quella sera Gesù prese del pane e disse: “Questo è il mio corpo dato per voi”; prese del vino e disse: “Questo è il mio sangue versato per voi” (Lc 22,19-20). Istituì l’Eucaristia, istituì il banchetto a cui possiamo continuamente accedere. Quale fantasia ebbe Gesù! quale fantasia d’amore! Ha trovato il modo di essere e rimanere sempre con i suoi, con noi, con l’umanità intera! E’ tipico e proprio dell’amore desiderare di restare sempre accanto e vicino alla persona amata, e Gesù ha trovato il modo di farlo. Ci ha voluti bene Gesù! E, insieme, ha dato a noi, che lo amiamo e gli vogliamo bene, e lo sentiamo come nostro Salvatore, la possibilità di averlo sempre vicino, sempre presente. Ci ha davvero amati Gesù!

Quella cena fu una cena sacrificale. Anticipava nel pane e nel vino consacrati il suo corpo spezzato e il suo sangue versato, anticipava il Venerdì santo, anticipava e rendeva presente il sacrificio della croce. L’Eucaristia è il sacrificio della croce. La messa è il sacrificio della croce. Ogni volta che noi partecipiamo alla Messa e ci accostiamo alla Comunione ci immergiamo nel sacrificio della croce di Gesù, introduciamo in noi la passione di Gesù, l’amore con cui Gesù ci ha amati fino ad andare in croce.

Molte volte abbiamo sentito dire: “Dalla Messa si deve uscire contenti”. Sì, dalla Messa si deve uscire contenti, molto contenti, pieni di gioia, di tripudio e di lode! Perché siamo stati amati, perché ci siamo tuffati nell’amore di Gesù, perché siamo stati raggiunti dal suo amore grande, santo, divino. L’amore di croce! Abbiamo portato dentro di noi Gesù stesso.

E lui, dentro di noi con l’amore della sua passione, accende e riscalda il nostro cuore, lo infiamma d’amore, lo rende capace di amare. Il Vangelo ci ha narrato ciò che Gesù fece ai suoi apostoli nel corso di quell’ultima cena: si cinse un asciugamano attorno alla vita, versò dell’acqua in un catino, si inginocchiò a terra e lavò loro i piedi. Egli era il Maestro e il Signore; avrebbe dovuto ricevere lui dai suoi apostoli quel gesto di servizio e d’amore. E invece…. L’amore capovolge ogni logica umana; l’amore è novità, è legge inaudita, è cosa quasi assurda. “Tu mi hai fatto del male, e io ti faccio del bene; tu hai parlato male di me, e io parlo bene di te; tu mi hai tradito, e io ti resto fedele; tu mi trascuri, e io ti servo; tu non mi vuoi bene, e io ti voglio bene”.

Giovedì santo: cena di duemila anni fa e cena di stasera. Giovedì santo: cena di ogni Messa, fornace ardente di carità, banchetto di vita, forza divina che può rinnovare il mondo, amore che riscalda i cuori, sacrificio di Cristo che rende atti al sacrificio di sè. Giovedì santo: dono ineffabile di Cristo, dono per cui lo vogliamo infinitamente lodare e ringraziare.

don Giovanni Unterberger

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