30° Domenica del Tempo ordinario 2017 (forma ordinaria)

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(Es 22,20-26;  1Tess 1,5c-10;   Mt 22,34-40)

Duomo di Belluno, sabato 28 ottobre 2017

In un vecchio libro, trovato in biblioteca, lessi questo interessante dialogo: Un aspirante monaco chiese al suo maestro: “Maestro, mi spiegheresti il senso profondo del comando di Gesù: ‘Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, e amerai il prossimo tuo come te stesso’? Perché Gesù ce lo ha dato?”  –  “Secondo te -chiese a sua volta il maestro, un vecchio monaco che viveva di contemplazione- di chi intendeva parlare Gesù con questo comando? Chi aveva in mente?”  –  “Immagino avesse in mente Dio e il mio prossimo – rispose l’aspirante monaco-; infatti dice: ‘Ama Dio e ama il prossimo’ ”.  –  “Ma Gesù aveva in mente qualcun altro -ribatté il vecchio monaco- aveva in mente un altro più ancora che Dio e il prossimo. Sai chi?”  –  “Chi?”, chiese meravigliato e incuriosito il giovane. –  “Aveva in mente te -concluse con solennità il vecchio monaco- aveva in mente la tua felicità”.

Può essere che non sia immediato capire che il comando di amare Dio e di amare i fratelli sia per la nostra felicità. Forse si percepisce questo comando appunto come un comando, come un ordine, un qualcosa da fare che ci impegna e che chiede. Sì, il comando di Gesù è qualcosa che impegna e che chiede, ma lo fa per la nostra felicità. Amare Dio ci costruisce felici, amare il prossimo ci costruisce felici.

Noi veniamo da Dio: in qualche modo tutte le cellule del nostro corpo parlano di lui, sono opera sua; il nostro cuore ha profondità infinite, profondità che solo in Dio e da Dio possono ricevere risposta e compimento. Dio è la radice dell’uomo; è il senso dell’uomo; è la pienezza dell’uomo. L’uomo senza Dio è lontano da se stesso, dalla propria radice, è perduto e smarrito, non si capisce più. L’uomo che rifiuta Dio, lo nega e lo trascura, è nemico a se stesso. Al contrario, l’uomo che ama Dio, che coltiva il rapporto con lui, coltiva la dimensione più profonda di sé; dà risposta alla parte più importante della propria persona, del proprio essere e del proprio vivere; del proprio presente e del proprio futuro: costruisce la propria felicità, il proprio vero benessere. “Guardate a Dio e sarete raggianti”, recita il salmo (Sal 34,6).

E in modo analogo costruisce la propria felicità l’uomo che ama il prossimo. Tutti sperimentiamo quanto sia motivo di sofferenza e di dolore la non comunione con i fratelli, il disaccordo, il contrasto, la lite. L’uomo è fatto per la relazione, per la relazione buona. Dentro di sé l’uomo avverte una spinta che lo muove verso il suo prossimo nel desiderio e nel bisogno di intesa e di fraternità. L’egoismo, il chiudersi in se stessi alla ricerca del proprio unico interesse e tornaconto, non fa che bloccare e impedire che la propria dimensione di fraternità si concretizzi e si esprima. L’uomo egoista è nemico di se stesso; pensa e si illude di farsi felice, mentre invece si allontana dal prossimo, pone distanza e barriere tra sé e il fratello, si condanna alla solitudine e all’isolamento. Non dando spazio al buono che ha in sé, l’uomo si costruisce infelice.

E’ segreto di felicità il comandamento di Gesù: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente, e amerai il il tuo prossimo come te stesso”. E’ un comandamento, ma è la via alla felicità, alla pienezza di sé.

Aveva ragione il vecchio monaco a dire al giovane novizio: “Il Signore, dando questo comandamento, ha pensato a te, ha pensato alla tua felicità, al tuo cuore che è fatto per amare Dio e i fratelli. Ama, e sarai contento; ama, e ti sarai costruito bene.

don Giovanni Unterberger

 

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