22° Domenica dopo Pentecoste 2017 (forma straordinaria)

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(Fil 1,6-11;   Mt 12,15-21)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 5 novembre 2017

 

Farisei ed erodiani chiesero a Gesù: “E’ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?” Era come dire: “Riconosci la legittimità dello Stato?” Tale domanda era insidiosa, tendeva a far sì che Gesù potesse essere accusato qualsiasi risposta avesse dato; Gesù diede la sua risposta e, cosa che i suoi interlocutori non avrebbero assolutamente immaginato e non si sarebbero assolutamente aspettati, si sentirono portare da Gesù su di un piano totalmente ‘altro’, rispetto a quello su cui essi si muovevano.

Essi si muovevano su di un piano solo umano: la questione dello Stato, dell’occupazione romana, la questione della legittimità o meno di tale occupazione e dei doveri verso di essa. Gesù disse: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare”, che era come dire: “Ci sono dei doveri da assolvere nei confronti dello Stato, e vanno assolti”, ma poi aggiunse: “ E rendete a Dio quello che è di Dio”.  Parole, queste, che erano un colpo d’ala fortissimo, un colpo d’ala che voleva far salire l’attenzione dei suoi interlocutori da un piano prettamente umano a un piano divino.

“Sì -voleva dire Gesù- ci sono dei doveri verso lo Stato, ma ci sono anche dei doveri verso Dio. Voi m’interrogate sui doveri verso lo Stato, e tutto il vostro interesse riguarda quelli; di fatti mi domandate solo di quelli; ma avete presente che ci sono anche dei doveri verso Dio? Dalla vostra domanda ciò non sembra apparire. Per cui io aggiungo: ‘E rendete a Dio quello che è di Dio’. Non dimenticate i doveri verso Dio!”.

L’uomo non può dimenticare i doveri verso Dio. A Dio è dovuta l’adorazione, il riconoscimento della sua Maestà, della sua Regalità; del suo essere l’origine e il principio di ogni cosa esistente; l’essere il fine e la destinazione ultima di tutto ciò che è creato. A Dio va l’onore, la gloria, l’attenzione e la considerazione somma. Dio non può essere trattato ‘in qualche modo’… A lui il massimo del rispetto. E’ Dio!

A Dio è dovuta la riconoscenza. Infiniti e continui sono i benefici e i doni che da lui riceviamo, doni di natura e doni di grazia. Dovremmo di continuo dire ‘grazie’, in ogni istante, perché in ogni istante siamo da lui ‘graziati’.

A Dio sono dovute la sottomissione e l’obbedienza. E’ lui la regola morale, la legge che stabilisce il bene e il male, la via giusta per l’uomo; egli è colui che ha pieno diritto su di noi, sue creature; su noi, che neppure esisteremmo senza di lui.

A lui è dovuto il dovere di una giusta riparazione. Quante mancanze nei confronti di Dio! Non solo peccati e offese, ma anche semplici (semplici si fa per dire…) trascuratezze, negligenze, dimenticanze! Dio dovrebbe essere il primo in tutto, nei pensieri, negli affetti, nei progetti, nelle scelte, e invece quante volte, e quanto, è lasciato da parte! Abbiamo il dovere di domandargli scusa, di chiedergli perdono. Egli ha il diritto che gli chiediamo scusa e perdono.

“Dobbiamo pagare, o no, il tributo a Cesare?”, chiesero farisei ed erodiani a Gesù. “Certo che sì”, egli rispose. Ma non dimenticate i doveri verso Dio. Rendete a Dio quello che è di Dio”. E non è poco quello che è di Dio. Non lo possiamo ritenere poco, a meno che non teniamo conto che egli è Dio. Ma Dio è Dio!

don Giovanni Unterberger

 

 

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