Solennità di Cristo Re (forma straordinaria)

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(Col 1,12-20;   Gv 18, 33-37)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 28 ottobre 2018

La festa di Cristo Signore e re dell’universo, che ha il grado liturgico di Doppio di prima classe, fu istituita da papa Pio XI nel corso dell’Anno santo del 1925, con l’enciclica ‘Quas primas’. Il pontefice, nell’enciclica, indica anzitutto i fondamenti teologici della regalità di Cristo. “Cristo -egli dice- è re per diritto di natura e di conquista”, Per diritto di natura, in quanto, essendo l’uomo-Dio, è per natura al di sopra di ogni altro essere, più perfetto di ogni altro esistente, e quindi va riconosciuto e adorato; e non solo dagli uomini, ma anche dagli angeli e da tutto il creato. Ed è re per diritto di conquista, in quanto ci ha riscattati dal potere di Satana e redenti a prezzo del suo sangue. “Volesse Dio -scrive il papa- che gli uomini immemori ricordassero quanto noi siamo costati al nostro Salvatore!”.

La regalità di Cristo è regalità universale. L’enciclica afferma, citando papa Leone XIII: “L’impero di Cristo non si estende soltanto sui popoli cattolici, o a coloro che, rigenerati nel fonte battesimale, appartengono, a rigore, sia pur separati, alla Chiesa; ma abbraccia anche quanti sono privi di fede cristiana, di modo che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo”. La signoria di Cristo è su tutti gli uomini; egli infatti è “la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo”, afferma l’evangelista Giovanni nel prologo del suo Vangelo (Gv 1,9).

La regalità del Signore si estende sugli stati e sulle singole persone. “Cristo è il solo autore della prosperità e della vera felicità per gli stati”, afferma il papa. “Se essi riconosceranno la sovrana potestà di Cristo, particolari benefici di giusta libertà, di tranquilla disciplina e di pacifica concordia pervaderanno l’intero consorzio umano. Se i reggitori dei popoli saranno persuasi che si comanda non tanto per diritto proprio, quanto per mandato del re divino, sarà saggio e giusto il loro uso dell’autorità, e i popoli godranno benessere e pace”.

Ogni singola persona, poi, è chiamata a riconoscere e ad accogliere su di sé, sulla propria vita, la regalità del Signore. “E’ necessario -scrive Pio XI- che Cristo regni nella mente dell’uomo, la quale con perfetta sottomissione deve prestare fermo assenso alle verità rivelate e alla dottrina di Cristo; regni nella sua volontà, la quale deve obbedire alle leggi e ai precetti divini; e regni nel corpo e nelle membra, che devono servire alla santificazione dell’anima”. E conclude: “Di quale felicità potremmo godere se gli individui, le famiglie e la società si lasciasse governare da Cristo! Veramente si potrebbero sanare tante ferite, ogni diritto riacquisterebbe l’unica forza, tornerebbero i beni della pace, cadrebbero dalle mani le spade, qualora tutti volentieri accettassero l’impero di Cristo, gli obbedissero, ed ogni lingua proclamasse che Gesù è Signore, a gloria di Dio Padre” (cfr Fil 2,11).

Davvero non c’è vero benessere e vera felicità fuori del giogo soave del Signore, perché il suo regno è “regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace”. Così canta il prefazio della Messa di oggi. Se a regnare sulla vita dell’uomo non è Cristo, altri signori si insediano sul trono del suo cuore; si insediano le passioni, gli istinti, gli egoismi, che ben presto si trasformano in duri tiranni.

Gesù, nella preghiera che ci ha insegnato, il ‘Padre nostro’, vi ha inserito la richiesta del regno: “Venga il tuo regno”. Chiediamo il regno di Dio per noi, per i nostri cari, per la Chiesa, per il mondo intero, Che tutto diventi ‘suo regno’, così che tutto venga guarito, sanato e salvato.

don Giovanni Unterberger

 

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