31a domenica del Temp Ordinario (forma ordinaria)

(Dt 6,2-6;   Ebr 7,23-28;   Mc 12,28b-34)

Duomo di Belluno, sabato 3 novembre 2018

E’ stato detto, e a ragione, che il Cristianesimo è la religione dell’amore. Il suo fondatore, Cristo, è vissuto d’amore, e di un amore così grande e pieno, da dare la vita sulla croce per il mondo. Nessun’altra religione ha un fondatore così. Il suo comandamento massimo, anzi l’unico, possiamo dire, perché tutti si riassumono in quello, è il comandamento dell’amore. Ebbe a dire: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12). E quale segno distintivo dei suoi seguaci Gesù indicò l’amore: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci ha riproposto ancora una volta l’amore, nella sua duplice dimensione di amore a Dio e a more al prossimo. Lo scriba chiese a Gesù: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”, e Gesù rispose citando lo ‘shemà‘’, la grande, benché breve preghiera, che gli ebrei recitavano, e tuttora recitano, ogni giorno appena alzati al mattino e prima di coricarsi la sera: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. E a questa dimensione dell’amore Gesù ne aggiunse una seconda: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Un amore, quindi, a due dimensioni e in due direzioni, anzi a tre dimensioni, perché Gesù ricorda pure l’amore verso se stessi: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.

L’amore, secondo Gesù, dev’essere l’ingrediente, la linfa, la sostanza che riempie e segna ciascuna delle tre relazioni fondamentali e costitutive dell’uomo: la relazione con Dio, la relazione col prossimo, la relazione con se stesso. In tutte queste relazioni: amore. E’ la cosa più consona, perché l’uomo è fatto per l’amore, è fatto per essere amato e per amare. Non solo per essere amato, perché se fosse fatto solo per essere amato e fosse solo bisogno d’amore, tutti attenderebbero amore e nessuno ne riceverebbe. L’uomo invece è stato fatto da Dio capace d’amare, e tale da sperimentare pienezza di sé, realizzazione somma del proprio essere, e gioia intensa e finissima, proprio nell’amare, nel dare e donare amore. In tal modo tutti ne potranno ricevere.

E’ importante notare ed osservare la gerarchia che Gesù pone nel suo comandamento: al primo posto l’amore verso Dio. Il primo amore, quello: non solo perché Dio è Dio, ma anche perché è dall’amore a Dio, dal rapporto con lui, che l’uomo viene reso capace di amare in modo grande, in misura generosa. L’amore che ama tutti (e non seleziona), che ama sempre (e non si stanca e non si ritira), che ama gratuitamente (e non cerca gratificazione e onda di ritorno) viene unicamente da Dio. L’uomo, da solo, non è capace di amare così. L’uomo è debole nell’amore.

E’ illusione lanciarsi ad amare il prossimo senza coltivare l’amore a Dio e il rapporto con lui; ci si stancherà presto, si amerà finché si deciderà di amare, si amerà finché non costerà troppo. Ma nel mondo c’è bisogno di un amore più grande! La croce ce lo insegna: è l’asse verticale a sostenere quello orizzontale, e non l’asse orizzontale a sostenere quello verticale.

Dal Signore, allora, andiamo a scuola d’amore. La prova sicura che amiamo Dio è l’amore verso il prossimo; infatti l’apostolo Giovanni nella sua prima lettera ci avverte: “Se uno dicesse: ‘io amo Dio’, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20). Ma andiamo a Dio, per imparare ad amare; egli ha detto: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5).

 don Giovanni Unterberger

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