33a domenica del Tempo Ordinario (forma ordinaria)

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(Dn 12,1-3;    Ebr 10,11-14.18;    Mc 13,24-32)

Duomo di Belluno, sabato 17 novembre 2018

Ci può essere qualcosa, nella realtà, che avvertiamo come scomodo e che non vorremmo, qualcosa che potrebbe inquietarci e farci paura, tipo la parola di Dio che abbiamo ora sentito proclamare. Il Vangelo ci ha parlato di un arrivo, di una venuta: la venuta finale del Figlio dell’uomo, Cristo, davanti al quale saremo tutti radunati, verrà radunata tutta l’umanità, ‘dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo’; per il giudizio. Ci sarà un giudizio. Il profeta Daniele, nella prima lettura, ci ha detto: “Quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna”. Ci sarà un giudizio che fisserà per sempre, per l’eternità, la sorte degli uomini, di ciascun uomo.

Paura, di fronte a questo giudizio? Dio non ci vuole nella paura, ma dobbiamo riconoscere che anche la paura può nascondere in sé qualcosa di buono. Non è forse salutare, ad esempio, la paura di toccare i fili dell’alta tensione, di accostarsi troppo a un precipizio, di cibarsi di cibi avariati? La paura può preservare dal pericolo. Forse che una qualche dose di paura di fronte al giudizio divino può farci bene?

Ma se non dobbiamo vivere i nostri giorni nella paura, dobbiamo viverli, però, con grande senso di responsabilità. Nessuna azione che compiamo, nessuna parola che diciamo, nessun pensiero che formuliamo è indifferente per il nostro destino eterno.  Tutto ci costruisce o ci rovina; tutto dovrà essere ripreso in mano, alla luce di Dio. Gesù ammonisce: “Io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio” (Mt 12,36).

La celebre sequenza ‘Dies irae’, che la Chiesa ha composto per la liturgia dei defunti, e che ci invita a recitare in queste due ultime settimane dell’anno liturgico in cui siamo chiamati a pensare e a riflettere sulle ultime realtà, ricorre ad un’immagine molto espressiva; dice in una delle sue strofe: ‘nel giorno del giudizio verrà messo avanti e aperto un libro su cui tutto è scritto, in base al quale la storia umana, il mondo, verranno giudicati’.

Che cosa stiamo scrivendo noi sul libro della nostra vita? Ogni giorno, ogni giornata, è una pagina di quel libro. Come può essere scritta bene ogni pagina! Quante belle cose vi possiamo scrivere! Abbiamo in mente qualche codice antico visto in qualche biblioteca, scritto con caratteri perfetti, ornato di stupende miniature dorate e a vivaci colori. Ci incantano quelle pagine… Anche il libro della nostra vita può essere fatto di pagine incantevoli, pagine che incantano Dio e tutto il paradiso, e che costituiranno la nostra gioia e la nostra gloria futura.

C’è, certo, sul libro della nostra vita la misericordia di Dio; misericordia in cui possiamo sempre confidare e sperare, in quanto capace, di fronte al nostro pentimento, di correggere ogni errore, di cancellare ogni macchia e sgorbio, di disegnare, lei stessa, per sua bontà, qualche miniatura dorata  sul nostro libro; tuttavia il pensiero e la certezza della misericordia di Dio non può farci dimenticare e attenuare l’impegno e il senso di responsabilità che dobbiamo avere verso la nostra vita. Possiamo renderla bella; e così non temere la venuta del Signore, ma nutrire il coraggio e la fiducia di andargli incontro sicuri di essere da lui accolti, abbracciati, e introdotti in cielo.

don Giovanni Unterberger

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