Natale del Signore – messa di mezzanotte

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(Is 9,1-6;   Ti 2,11-14;   Lc 3,1-14)

25 dicembre 2018

Che sorpresa, quella notte, per i pastori di Betlemme, sentirsi dire: “Vi annuncio una grande gioia: è nato per voi un Salvatore”, e vedere in cielo volteggiare una moltitudine di angeli felici e festanti! Poco lontano da loro, in una stalla, era nato un bambino; un bambino che era Dio stesso.

Il santo papa Paolo VI in un’omelia per la festa di Natale disse: “Dio avrebbe potuto venire vestito di gloria, di splendore, di luce, di potenza, a farci paura, a farci sbarrare gli occhi dalla meraviglia. No! È venuto come il più piccolo degli esseri, il più fragile, il più debole. Perché questo? Perché nessuno avesse vergogna ad avvicinarlo, perché nessuno avesse timore, perché tutti lo potessero avere vicino, senza più nessuna distanza fra noi e lui. C’è stato da parte di Dio uno sforzo di inabissarsi, di sprofondarsi dentro di noi, perché ciascuno, dico ciascuno di voi, possa dargli del ‘tu’, possa avere confidenza, possa sentirsi da lui pensato, da lui amato … da lui amato: guardate che questa è una grande parola! Se voi capite questo, se voi ricordate questo che vi sto dicendo, voi avete capito tutto il Cristianesimo”.

Siamo stati da Dio amati! Poteva egli amare di più l’uomo che facendosi uomo, facendosi uno di noi? Quel bambino, quel Dio, un giorno sarebbe addirittura morto su di una croce, per amore di noi. “Un Dio, amico mio, si è scomodato per me, per te. Ecco il Cristianesimo; il resto è una bazzecola”, ebbe a dire Peguy.

E papa Francesco: “Cari fratelli e sorelle, in questo mondo, in questa umanità oggi è nato il Salvatore, che è Cristo Signore. Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Lasciamo che il nostro cuore si commuova: non abbiamo paura di questo. Non abbiamo paura che il nostro cuore si commuova! Abbiamo bisogno che il nostro cuore si commuova. Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio; abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza. Abbiamo bisogno delle sue carezze. Dio è grande nell’amore, a Lui la lode e la gloria nei secoli! Dio è pace: chiediamogli che ci aiuti a costruirla ogni giorno, nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre città e nazioni, nel mondo intero. Lasciamoci commuovere dalla bontà di Dio”.

Il Signore Gesù, dalla mangiatoia in cui giace, ci tende le braccia; ancora non sa parlare, ma già con la sua presenza, e con l’essere sceso dal cielo sulla terra, ci dice: “Ti voglio bene; ti voglio bene!”. Non abbiamo bisogno di molte parole -l’umanità non ha bisogno di molte parole- abbiamo bisogno di queste grandi parole! e il Bambino Gesù ce le dice.

Fissiamole nella mente, teniamole strette nel cuore; non lasciamocele portare via da niente e da nessuno; esse ci daranno gioia, consolazione, sicurezza, pace; esse faranno fiorire, a loro volta, nel nostro cuore, altre parole: “Gesù, ti voglio bene anch’io; fa’ che te ne voglia sempre di più!”

don Giovanni Unterberger            

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