Natale del Signore – messa del giorno

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(Is 52,7-10;   Ebr 1,1-6;   Gv 1,1-18)

25 dicembre 2018

“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. E’ il Prologo del Vangelo secondo Giovanni, grande pagina di mistero e d’amore. Chi è il Verbo? Il Verbo è il Figlio di Dio, Dio egli stesso; è Dio che esiste da sempre, è la potenza infinita, la gloria, lo splendore, la maestà, la santità piena e perfetta. E chi è la ‘carne’? “Il Verbo si fece carne”. La ‘carne’ siamo noi; noi, piccole e povere creature, creature peccatrici e segnate dal male. Noi, umanità corrotta e rovinata. Chi prenderebbe, acquisterebbe e vorrebbe per sé qualcosa di rovinato? Tutti desideriamo cose perfette, senza guasti e senza difetti. “Il Verbo si fede carne”, il Verbo prese noi!

Un antico Padre della Chiesa scrisse: “Dio non ebbe disprezzo per colui che fu spogliato del paradiso a causa di un inganno, perdendo così la veste che Dio stesso gli aveva intessuta.  Di nuovo gli viene incontro, chiamando con la sua santa voce l’irrequieto: ‘Dove sei, Adamo? dove sei, o uomo? Non nasconderti più; ti voglio vedere anche se sei nudo, anche se povero; non provare più vergogna, ora che io stesso mi sono fatto simile a te. Malgrado che avessi gran desiderio, tu non sei stato capace di farti Dio, mentre io ora mi sono volontariamente, per te, fatto carne. Avvicinati, dunque’ ”.

E sant’Agostino esclama: “Non si pensi che sia stata poca la misericordia! La Sapienza stessa giace in terra. O cibo e pane degli angeli! Di te si nutrono gli angeli, di te si saziano senza stancarsi, di te vivono, di te sono come impregnati, di te sono beati. Dove ti trovi invece per causa mia? In una stalla, avvolto in panni, adagiato in una mangiatoia. E per chi tutto questo? Colui che regola il corso delle stelle, succhia da un seno di donna; colui che parla nel seno del Padre, tace nel grembo della madre. Ecco, abbiamo davanti a noi il Dio bambino; abbiamo davanti a noi l’Amore!”.

Come non contemplare? Come non stupire? Come non gioire? Come non prostrarsi ad adorare? Come non lodare e ringraziare? Non passiamo oltre troppo facilmente, fratelli, a questo Mistero, ci faremmo del male, ci priveremmo di qualcosa di cui ha estremo bisogno il nostro cuore. Il nostro povero cuore, che spesso sanguina, che spesso si sente ferito, che spesso si sente secco e arido, privo di quell’acqua, l’acqua dell’amore, di cui ha tanto bisogno, e che nessuno riesce a dargli in modo compiuto… il nostro povero cuore può immergersi, inabissarsi e dissetarsi all’amore di quel nato Bambino, a quel piccolo cuore che in realtà è il grande cuore di Dio, cuore che sempre ama, che solo ama, che ama il misero, il povero, e anche l’ingrato e il peccatore; che ama me -può dire ciascuno di noi- benché tante volte io l’abbia dimenticato, trascurato e offeso. Non priviamoci di questo amore!

E da quel Bambino lasciamoci rendere capaci, a nostra volta, di amare. Di amare non solo chi è amabile (neanche noi lo eravamo per lui), ma di amare come ha amato lui, con un amore non semplicemente umano, ma divino.

Nelle nostre case abbiamo allestito il presepio: in questo tempo di Natale lo guarderemo, ci prenderemo del tempo per fissare lo sguardo sulla capanna, sul Bambino di quella capanna, e con fede, con devozione potremo prendere in mano la corona del Rosario e passare tra le dita i grani anziché dicendo ‘Ave Maria’, dicendo ad ognuno di essi, con calma: “Il Verbo si è fatto carne… il Verbo si è fatto carne… il Verbo si è fatto carne…”. Sarà un bel modo per vivere il Natale.

don Giovanni Unterberger

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