4^ domenica di Quaresima (forma ordinaria)

Maestro della raccolta della manna – Guarigione del cieco di Gerico – 1475 ca

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(1Sam 1b. 4. 6-7. 10-13;   Ef 5,8-14;   Gv 9,1-41)

Duomo di Belluno, 22 marzo 2020

Gesù era solito guarire e operare i miracoli a diretto contatto con i malati; in quattro casi guarì a distanza. Guarì a distanza il servo del centurione di Cafarnao mentre questi era ancora presso di lui a pregarlo (cfr Mt 8,5-13); guarì a distanza i dieci lebbrosi mentre erano in cammino verso i sacerdoti che avrebbero dovuto accertare la guarigione avvenuta (cfr Lc 17,11-14); liberò a distanza, dal demonio, la figlia della donna siro-fenicia (Mc 7,24-30); e guarì a distanza il cieco nato di cui abbiamo sentito ora raccontare nel Vangelo.

“Gesù sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi e gli disse: ‘Va’ a lavarti nella piscina di Siloe’”. L’evangelista Giovanni si premura di tradurre il nome di quella piscina: “Siloe, che significa ‘inviato’”, dice.  Per la verità ‘Siloe’, in ebraico ‘Shiloàch’ (שִׁלֺחַ), significa propriamente ‘inviante’, e stava ad indicare il canale che inviava l’acqua dalla sorgente di Ghicon alla piscina stessa. Ma Giovanni segue un’altra interpretazione, presente anche negli scritti di Qumran, secondo la quale ‘Shiloàch’ significherebbe ‘inviato’; per cui tale nome indicherebbe allora l’acqua inviata e fatta fluire dalla sorgente di Ghicon fino alla piscina.

Giovanni preferisce questa seconda interpretazione, in quanto meglio si presta a quanto egli vuole dire; egli intende presentare l’acqua di Siloe, ‘inviata’, come simbolo di Gesù, l’‘Inviato’ del Padre. Nell’acqua ‘inviata’ di Siloe è Cristo stesso, l’inviato di Dio, a guarire il cieco! E’ lui, Cristo, la verità e la luce del mondo, che dà la vista degli occhi, e la vista della fede. Nel seguito del racconto, infatti, il cieco si aprirà alla fede in Gesù, riconoscendolo come il Messia. E’ dunque ‘bagnandosi’ in Cristo che si ha la ‘vista’.

Il mondo -dobbiamo riconoscerlo- non è  che ci veda bene. Quanto va a sbattere perché non ci vede! e quanto male si fa! Solo la luce di Cristo è vera luce che illumina e fa vedere la strada. “Io sono la luce del mondo -egli disse- chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Fuori di lui solo falsi miraggi e luci menzognere.

Nel libro dell’Apocalisse il Signore invita a lasciarci curare la vista da lui; dice: “Tu non sai di essere un infelice, miserabile, povero e cieco. Ti consiglio di comperare da me collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista” (Ap 3,17-18). Dove si trova il ‘collirio’ del Signore? Quel collirio che ci permette di cogliere il vero stato della nostra coscienza? che ci fa vedere il disegno di Dio nella trama, talvolta così comune e incolore, delle nostre giornate? il collirio che ci dischiude la vista alle realtà invisibili, realtà che non percepiamo con i sensi del corpo, ma che ci sono, esistono, e sono quelle che ci aspettano per sempre nell’eternità? Tale collirio lo possiede il Signore, anzi è lui stesso. E’ lui l’acqua di ‘Shiloàch’, l’Inviato del Padre a portare luce ai ciechi. Piscina di ‘Shiloàch’ è il Vangelo; la meditazione della sua Parola; l’ascolto dato alla voce dello Spirito Santo nel silenzio e nel raccoglimento del cuore, lontano dal rumore di tutti i giorni.

“Va’ a lavarti nella piscina di Siloe”, dice anche a noi il Signore, come disse al cieco nato; va’, e ci vedrai. Andiamo a tuffarci in quella ‘piscina’; e avremo occhi che vedono!

don Giovanni Unterberger

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