32^ domenica del Tempo ordinario (forma ordinaria)

Marc Chagall -Gli sposi della Tour Eiffel – 1938-39

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(Sap 6,12-16;   1Ts 4,13-18;   Mt 25,1-13)

Duomo di Belluno, 8 novembre 2020

Al tempo di Gesù, in Palestina, dopo che due giovani avevano celebrato pubblicamente il loro fidanzamento alla presenza dei familiari e della gente del villaggio, trascorso del tempo -qualche mese- , il rito veniva perfezionato con l’introduzione della sposa nella casa dello sposo. Il giovane sposo, di sera, si recava alla casa dei genitori della sposa, ove ella si trovava, velata, e adorna dei gioielli che egli le aveva donato; le toglieva il velo dal volto, glielo appoggiava sulle spalle, e in corteo si avviava con lei verso la nuova abitazione. Fuori della casa della sposa sostava un gruppo di ragazze, sue amiche, pronte a farle festa e a scortarla con le loro lampade accese quando lo sposo fosse arrivato e il corteo si fosse avviato. Sarebbero entrate con gli sposi nella sala del banchetto per prendere parte alla festa.

Gesù, nei suoi insegnamenti alle folle, con le parabole, era solito riferirsi e prendere spunto da momenti di vita ed esperienze dei suoi uditori. Così anche in questo caso. Egli tuttavia era solito inserire nel racconto qualche elemento strano, quasi inverosimile, tale da attrarre particolarmente l’attenzione, e a cui legava in modo specifico il suo insegnamento. Ad esempio, qui, il grave ritardo dello sposo nell’arrivare alla casa della sposa. Un certo ritardo poteva accadere ed essere ammissibile, ma non fino a mezzanotte… Sulle labbra di Gesù quel grave ritardo voleva sottolineare l’imprevedibilità dell’arrivo dello sposo; nessuno conosce il momento di quell’arrivo, arrivo -fuori di parabola- del Signore alla fine della nostra vita. A quell’arrivo, tanto importante, occorre essere preparati, occorre vigilare per accogliere il Signore quando verrà. La vigilanza è necessaria; è necessario non dimenticare che quell’arrivo accadrà; vivere come se non dovesse accadere è grave stoltezza.

L’olio delle lampade delle dieci vergini è il simbolo delle opere buone che noi siamo chiamati a compiere in attesa dell’arrivo del Signore; Signore che non sarà un ‘padrone’, o un ‘re’, ma uno ‘sposo’: Gesù ricorre all’immagine dello sposo, per parlarci del Signore che verrà, usando un’immagine evocatrice affetto, bontà e tenerezza.  Vigilanza operosa, dunque, perché l’olio delle opere buone non abbia quel giorno a mancarci, ma ad essere abbondante!

Fa meraviglia e stupisce, poi, la poca generosità delle vergini che possedevano olio in abbondanza nel loro non voler farne parte e condividerne un po’ con quelle rimaste senza: “Andate dai venditori e compratevene -dicono- perché non venga a mancare a noi e a voi”. Anche questo particolare del racconto sulle labbra di Gesù attira l’attenzione, dato che solitamente egli invitava alla carità, alla condivisione e all’aiuto. Gesù vuole ricordarci una cosa importante: di fronte al problema della salvezza eterna c’è un qualcosa che nessuno può fare per un altro; nessuno, al posto di un altro. Ci si può aiutare, sostenere e soccorrere, ma non sostituire. “Qui creavit te sine te, non salvabit te sine te”, dice sant’Agostino; colui che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te, cioè senza il tuo apporto e la tua personale collaborazione. E’, in tal modo, chiamata in causa la libertà di ciascuno e, di conseguenza, la responsabilità di ciascuno.

Un terzo particolare della parabola, che appare piuttosto inverosimile, è che le vergini andate a procurarsi il supplemento d’olio siano poi state escluse dal banchetto e dalla festa di nozze. E’ difficile pensare che due sposi in Palestina, pur se alcune damigelle fossero giunte in ritardo, data l’amicizia che avevano con loro, avessero a lasciarle fuori della porta. Oltretutto, il loro olio era venuto meno anche in conseguenza del grave ritardo dello sposo, giunto alla casa della sposa solo a mezzanotte! Ma Gesù conclude con severità: “La porta fu chiusa. Arrivarono le vergini e incominciarono a dire: ‘Signore, signore, aprici!’ Ma egli rispose: ‘In verità io vi dico: non vi conosco’”. Con questo particolare Gesù vuole avvertirci della serietà delle cose: c’è per l’uomo anche la possibilità di perdersi per sempre, rischio che l’uomo realmente corre. L’offerta che gli viene fatta è una cena di nozze, è l’amore eterno di Dio, il paradiso; ma davanti a tale dono sta la sua libertà.

Gesù quindi esorta: “Vegliate, perché non sapete né il giorno né l’ora” . Teniamo, allora, accese le nostre lampade con un olio abbondante di opere buone, finché verrà il Signore e ci introdurrà alla festa.

don Giovanni Unterberger

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