25^ domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

Cristoforo de Predis – Morte del Sole, della Luna e caduta delle stelle – 1440-1450

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(Col 1,9-14;   Mt 24,15-35)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 22 novembre 2020

In questa ultima domenica dell’Anno liturgico, la Liturgia ci mette davanti un brano evangelico che parla di fine: fine della città di Gerusalemme, per la sua distruzione operata dai Romani nel 70 d.C., e fine del mondo e della storia umana. Nulla di ciò che è terreno è eterno. Il brano evangelico ci ha parlato, con immagini misteriose, di queste due fini, intrecciandole tra di loro.

L’avvertimento è chiaro: le cose di quaggiù termineranno, e alla loro fine tornerà il Signore. Quel Signore che è già venuto nella carne, è vissuto in Palestina, ha chiamato gli uomini a conversione, ed è morto e risorto per noi, di nuovo verrà, per portare a compimento la salvezza, e insieme per giudicare il mondo. Ci sarà un giudizio.

Sant’Agostino, parlando della seconda venuta alla fine dei tempi e, per ciascun uomo alla fine della sua vita terrena, svolge una profonda e coinvolgete riflessione; scrive: “Che cosa deve fare, dunque, il cristiano? Servirsi del mondo, non farsi schiavo del mondo. Che significa ciò? Vuol dire avere, ma come se non avesse. Così infatti dice l’Apostolo: ‘Del resto, o fratelli, il tempo ormai si è fatto breve: d’ora innanzi quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero; e quelli che godono, come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero, perché passa la scena di questo mondo. Io vorrei vedervi senza preoccupazioni’ (1Cor 7,29-32)”. E sant’Agostino commentando continua : “Chi è senza preoccupazione aspetta tranquillo l’arrivo del suo Signore. Infatti che sorta di amore per Cristo sarebbe il temere che egli venga? Fratelli, non ci vergogniamo? Lo amiamo e temiamo che egli venga! Ma lo amiamo davvero o amiamo di più i nostri peccati? Ci si impone perentoriamente la scelta. Se vogliamo davvero amare colui che deve venire per punire i peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato. Lo vogliamo o no, egli verrà. Anche se non adesso, ciò non esclude che egli verrà. Verrà quando non lo aspetti, ma se ti troverà pronto, non ti nuocerà il fatto di non averne conosciuto in anticipo il momento esatto”.”

Il Signore al suo ritorno ci vuole trovare belli; forse non particolarmente belli nel corpo, ma belli dentro; belli nella mente, libera da pensieri poco benevoli verso i fratelli; e belli nel cuore, modellato sul cuore di Cristo. Questa vita terrena è fatta per preparare quella ‘per sempre’; e nel provvisorio ci è dato di poter costruire il duraturo, per dono di Dio. Non tutto passa; passa ciò che è transitorio, ma resta, e resterà in eterno, ciò che è stato fatto nel Signore e secondo il Signore. Non ha forse Gesù promesso: “Chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua fresca, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa” (Mt 10.42)?

L’apostolo Paolo nell’epistola ci ha esortati a “comportarci in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto”. E’ il modo per dare eternità al transitorio e valore a ciò che di per sé dopo un po’ svanirebbe. Piacere al Signore è il grande programma che va declinato ed allargato ad ogni istante di vita. Così che il giorno dell’incontro con il Signore egli ci possa dire: “Mi sei stato gradito nella tua vita terrena, ora io sarò la tua gioia per tutta l’eternità!”

don Giovanni Unterberger

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