2^ domenica di Quaresima

Giovanni Bellini – La trasfigurazione di Cristo – 1480

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(Gn 22,1-2. 9a. 10-13. 15-18;   Rm 8,31b-34;   Mc 9,2-10)

Duomo di Belluno, 28 febbraio 2021

Il santo Curato d’Ars era un semplice prete che aveva fatto fatica a diventare sacerdote; fatica perché non era particolarmente intelligente: a 17 anni era ancora analfabeta (era nato nel 1786); e gli studi filosofici e teologici nel Seminario di Lione gli erano riusciti difficili, tanto che qualche suo professore non avrebbe neppure voluto che diventasse sacerdote. Gli fu assegnata una piccola parrocchia, Ars, di soli trecento abitanti, ma Giovanni Maria Vianney, col suo amore al Signore, specialmente all’Eucaristia che adorava a lungo, e con l’amore alla sua gente, trasformò la sua comunità in un giardino di fede e di vita cristiana. Accorrevano a lui persone da tutta la Francia, ed egli passava anche otto-dieci ore al giorno in confessionale. A un avvocato di Lione, che era andato ad incontrarlo, fu chiesta l’impressione che ne aveva riportato; rispose: “Ho visto Dio in un uomo”. Che bello! che bello se si potesse dire così anche di noi…

Questa seconda domenica di quaresima ci offre il Vangelo della Trasfigurazione di Gesù sul Tabor, momento grande per gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, che poterono contemplare, per un istante, la divinità di Gesù trasparire dalla sua umanità. Videro Dio, nell’uomo Gesù. L’umanità di Gesù, in quell’occasione, divenne luminosa e splendente; la divinità, sempre presente nella sua umanità, quel giorno si manifesto anche esternamente. Nella vita normale del Signore la sua divinità rimaneva come nascosta, celata, ma non del tutto; si manifestava ed era visibile in altro modo, nel suo modo di essere, in ciò che diceva, nella bontà con cui accoglieva la gente, nel soccorrere tutti, nel volgere i cuori a Dio, nel dare fiducia e speranza, nel dire che sempre c’è possibilità di ripresa e di salvezza.

“Ho visto Dio in un uomo”, disse l’avvocato di Lione del santo Curato d’Ars. E’ la trasfigurazione che il Signore vuole operare in noi: renderci luminosi; non di una luce fisica (nessuna aureola o aura strana attorno alla nostra persona), ma luminosi della luce di una vita santa, di una vita veramente cristiana, come quella di Gesù.

Davanti alla ‘pietà’ di Michelangelo un pellegrino che l’ammirava estasiato uscì a dire all’amico che aveva a fianco: “Che meraviglia! Che bravo Michelangelo a scolpirla!”; e l’amico, con una vena di umorismo, a lui: “Veramente la statua c’era già nel blocco di marmo, Michelangelo non ha fatto che togliere ciò che era in più…”. Anche in noi c’è già qualcosa di molto bello e di molto grande: c’è in noi la vita di Dio; il battesimo ci ha comunicato la vita di Dio; lo Spirito Santo abita in noi, e noi siamo sua dimora. Purtroppo c’è qualcosa ‘in più’ in noi, che va tolto, che va eliminato, perché possiamo risplendere in tutta bellezza

La quaresima ci chiama a quest’opera, operazione faticosa, di precisione, che chiede continui colpi di scalpello contro i nostri difetti; così dovette fare Michelangelo, con pazienza, con attenzione, con fatica, perché la sua statua venisse fuori dal ‘di più’ che le era attorno. Ma il capolavoro riuscirà! Con l’aiuto di Dio riuscirà, e noi diventeremo belli! Seppure dovesse costarci, compiremo questa operazione. Anche ad Abramo, di cui ci ha raccontato la prima lettura, dovette costare essere stato disposto a sacrificare il figlio, il bene più caro che aveva, ma proprio per questo egli ci appare grandemente luminoso!

Che noi cristiani possiamo essere specchio di Dio! che chi ci vede possa dire: “Lì, in quella persona, in quella vita, c’è Dio”! Che lo possa dire almeno un po’. Domandiamolo al Signore.

don Giovanni Unterberger

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