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(Mt 25,36 – 27,60)
Nessuna religione, nessuna fede, ha a fondamento di sé una vicenda come quella che abbiamo ora ascoltato; solo la nostra religione, solo la nostra fede.
Il fondatore della nostra fede, il nostro maestro, il nostro Dio messo a morte! E messo a morte in modo così brutale, così cattivo, così doloroso, con la menzogna e con la violenza! Questa nostra religione, una volta ucciso il suo fondatore, sarebbe dovuta, umanamente parlando, essere spazzata via, abbandonata e rifiutata da tutti; e invece essa dura ancora, ha sfidato i secoli, ha fatto un numero innumerevole di santi, affascina ancora oggi milioni di persone.
Ad affascinare gli uomini di oggi e di tutti i tempi è lui, Gesù di Nazareth, il protagonista di tale vicenda.
Questa vicenda ha un volto di crudeltà, di disumanità, di cattiveria e di odio; ma ha anche un altro volto, quello che le ha dato Gesù: il volto di bontà, di mansuetudine, di pazienza, di misericordia, di amore.
Di questo volto, di questo amore ha bisogno l’uomo. Ecco perché anche oggi molti uomini vengono colpiti e affascinati da tale amore, da Gesù di Nazareth, uomo buono, il più buono che ci fosse, che, pur potendo esimersi da tale vicenda, l’ha accolta, l’ha accettata, l’ha vissuta per riguardo a noi, per amore di noi, per salvare noi.
Se vogliamo convincerci di essere amati guardiamo a questa vicenda. Essa ci parla di un amore sconfinato, inimmaginato, folle. E di fronte a questo amore apparirà anche la gravità del nostro peccato, che è stato il gesto più crudele che potessimo aver compiuto, perché ha messo in croce, tra indicibili dolori, il Figlio di Dio.
Ci accompagni in questi giorni il pensiero e la memoria della passione del Signore; essa porterà a noi frutti abbondanti e importanti alla nostra vita.