Domenica di Passione

Duccio di Buoninsegna – Cristo davanti Ponzio Pilato – 1308-1311

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(Ebr 9,11-15; Gv 8,46-59)

Uno dei giorni più santi della religione ebraica era, ed è tuttora, lo “jom kippùr”, il grande giorno dell’espiazione. Fino all’anno 70 d.C., anno della distruzione del tempio di Gerusalemme, il sommo sacerdote in quel giorno entrava nella parte più interna e più sacra del tempio, il Santo dei Santi; vi entrava quell’unica volta all’anno con il sangue di un giovenco, e lo versava in espiazione di tutti i peccati; dei peccati propri e dei peccati del popolo. Il Signore veniva richiesto di misericordia, e il Signore perdonava.

Ma quel rito doveva essere celebrato ogni anno, perché insufficiente a perdonare una volta per tutte i peccati che l’uomo commetteva di anno in anno. L’umanità invece aveva bisogno di un condono totale, di un condono e di una remissione dei peccati che fosse per sempre. Nella sua bontà Dio Padre ci ha dato questo condono per sempre nella morte del Figlio suo Gesù. Fu un condono segnato dal sangue: non dal “sangue di capri e di vitelli”, ma dal sangue prezioso di Cristo. Quel sangue ci ha salvati.

Gesù ha attraversato la tenda di questo mondo  e di questa vita, una tenda dallo spessore ben più grande di quello della tenda che nel tempio di Gerusalemme separava il Santo dal Santo dei Santo e che il sommo sacerdote oltrepassava nel grande giorno della espiazione; una tenda dolorosa da oltrepassare, perché voleva dire morte di croce; e, oltre quella tenda, Gesù si è presentato al Padre col suo sangue prezioso in espiazione dei peccati di tutti noi.

Il sacrificio di Cristo ci ha redenti. Ci ha redenti lo stesso martirio che noi abbiamo inflitto a Cristo. La morte di croce che noi gli abbiamo procurato, anziché esserci motivo di condanna e di castigo, si è volta a nostra salvezza e a nostra redenzione. Le piaghe che noi abbiamo aperto nel suo corpo santissimo hanno lasciato uscire misericordia e grazia, benedizione e vita eterna. Quale sarà la nostra risposta?

“Non avete ancora resistito fio al sangue nella vostra lotta contro il peccato”, osserva la lettera agli Ebrei (Ebr 12,4). Sangue chiede sangue, amore chiede amore, dono di sé chiede dono di sé, sacrificio chiede sacrificio. Se siamo stati amati fino al sangue, ciò richiede da noi tutto, richiede una risposta che non può essere piccola, parziale, limitata e misurata. Occorre dare tutto.

Siamo entrati oggi nel tempo di Passione. Ci stanno davanti gli ultimi giorni prima della Pasqua. Sono i giorni dell’anno in cui la Chiesa ci invita a fissare di più lo sguardo e il cuore su Gesù nella sua sofferenza e nel suo dono di sé. Nel tempo della nostra preghiera personale vorremo contemplare Gesù nell’orto degli ulivi che suda sangue, nel supplizio terribile della flagellazione che gli lacera la carne, nel viaggio dolorosissimo al Calvario, nelle ore terribili della croce. Lo contempleremo tutto bagnato di sangue, per dare la nostra risposta “di sangue”, cioè per dirgli: “Signore, non voglio più offenderti, non voglio più disgustarti in nulla, neanche se ciò mi costasse sangue; neanche se ciò volesse dire lotta senza quartiere contro di me, contro le mie passioni, contro il mio io, contro tutto ciò che di me ti disgusta. Ti amerò fino al sangue! Ti amerò del tutto, Signore!”

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