3^ domenica di Pasqua

Duccio di Buoninsegna – L’Apparizione di Cristo durante la cena degli apostoli – 1308-1311

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(At 3,13-15. 17-19;  1Gv 2,1-5;  Lc 24,35-48)

Sabato 17 aprile 2021, risalente al 21 aprile 2012

“Factum infectum fieri nequit”, recita una celebre massima latina: un fatto, quando è avvenuto, quando è accaduto, non può essere considerato come non avvenuto, come non accaduto. Un fatto, quando è stato posto, è stato posto; un avvenimento quando è successo, è successo; non si può fingere che non sia successo; occorre tenerne conto, si può tenerne conto.

Gli apostoli, all’indomani della pasqua, potevano tenere conto di un fatto, di un avvenimento straordinario: la risurrezione del Signore. Gesù, il loro maestro, che era stato crocifisso e messo a morte, era tornato in vita, e stava ora loro davanti risorto e vivo.

Questo fatto era per loro difficile da accettare; come pensare che Gesù fosse risorto? Sì, è vero, Gesù nei due anni di vita con loro lo aveva più volte predetto; i Vangeli ci riportano ben tre annunci della risurrezione fatti da Gesù (Mc 8,31; Mc 9,31; Mc 10,34); ma gli apostoli a quegli annunci non avevano dato particolare importanza, li avevano lasciati cadere, per cui ora, davanti al fatto della risurrezione di Gesù, si trovavano impreparati, e come presi in contropiede.

Abbiamo sentito dal Vangelo la loro grande difficoltà nell’accettare la risurrezione di Gesù: nella persona che stava loro davanti, in colui che si era reso improvvisamente e imprevedibilmente presente, essi ravvisavano un fantasma; un fantasma, e avevano paura. E Gesù ebbe il suo bel da fare a persuaderli che era lui, che era lui, Gesù, ritornato in vita. Mostrò loro le mani e i piedi forati; disse loro di toccarlo; chiese loro se avessero qualcosa da mangiare, e mangiò del pesce arrostito davanti a loro.

Gesù era veramente risorto. La sua risurrezione era un fatto realmente accaduto; e di quel fatto gli apostoli dovevano tenere conto, potevano tenere conto; su quel fatto essi potevano basarsi e fondarsi. E di fatti che cosa fecero gli apostoli? Si misero subito a predicare a tutta Gerusalemme e a tutto il mondo che Gesù era risorto e a diffondere la nuova fede, forti e sicuri di quel fatto, trasformati da quell’avvenimento, fino a sfidare la morte.

E’ quanto può e deve accadere anche a noi. Gesù è risorto anche per noi; questo avvenimento si è verificato anche per noi; noi possiamo basarci e fondarci su di esso; di esso possiamo tenere conto e fare conto.

Fare conto della risurrezione di Gesù significa avere e gioire per alcune grandi certezze. San Giovanni nella seconda lettura ci ha detto che Gesù risorto è il nostro “paràclito” presso il Padre, è il nostro difensore, il nostro avvocato. Egli è “la vittima di espiazione per i nostri peccati”. Se abbiamo peccato -e abbiamo peccato-, abbiamo un paràclito che ci difende. Non siamo più vinti dai nostri peccati; non sono i nostri peccati ad averla vinta su di noi, ma noi siamo affrancati dai nostri peccati; Cristo risorto, nostro paràclito, ce ne ha liberati.

Fare conto della risurrezione di Gesù, fatto straordinario accaduto, significa essere certi che la vita vincerà la morte, che il bene vincerà il male, che l’ultima parola sulla storia del mondo e degli uomini sarà una parola di salvezza. La speranza cristiana si fonda sulla risurrezione di Cristo; si fonda su un fatto, non su un’idea, su una supposizione, su una favola, ma su un fatto realmente accaduto. Nulla può dunque smuovere la speranza cristiana, non un ragionamento, non un’obiezione, non una contestazione, nulla; essa si fonda su di un fatto: Cristo risorto.

E infine fare conto della risurrezione di Cristo significa sentire per certa, necessaria e impellente la chiamata alla santità, alla vita da risorti. San Pietro l’ha detto nella prima lettura: “Convertitevi e cambiate vita”. Il Cristo risorto, questo fatto, vuole coinvolgere tutti noi in qualcosa di nuovo. E’ un fatto posto dentro la storia che vuole cambiare la storia, che vuole fare nuova la vita dell’umanità e di ogni uomo. E’ un fatto, non è una parola, un’idea, una esortazione; è un fatto, che ha in sé una forza infinita, capace di produrre a catena altri fatti, di risurrezione, di vita, di virtù, di santità

Decisivo è riconoscere questo fatto e tenerlo presente e vivo dentro di sé; non considerare Gesù risorto un “fantasma”, ma una realtà vera, una presenza viva, che parla alla nostra vita, che è capace di cambiare la nostra esistenza.

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