16^ domenica del Tempo Ordinario

Michelangelo Merisi da Caravaggio – Marta e Maria Maddalena – 1598 ca.

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(Gn 18,1-10a;  Col 1,243-28;  Lc 10,38-42)

Sabato 16 luglio, risalente al 20 luglio 2013

Gesù quel giorno a Betania, in casa di Marta e Maria, desiderava essere ascoltato. Sì, aveva bisogno anche di avere qualcosa in cibo, ma desiderava soprattutto essere ascoltato. L’essere ascoltato, per Gesù, era importante, perchè egli aveva cose grandi da dire, e il farsi ascoltare era per lui incontrare il cuore delle persone; Gesù aveva bisogno del “cuore” di Marta e di Maria. Cuore a cuore è il rapporto che Gesù vuole instaurare con tutte le persone, anche con ciascuno di noi; come un amico che si apre e si intrattiene con amici.

Gesù è il Verbo di Dio fatto uomo; e il Verbo è la Parola. Ora, la Parola parla; la Parola non può non parlare; e la Parola desidera essere ascoltata, accolta, ricevuta. Facciamoci una domanda: la nostra preghiera è solo un nostro “parlare” a Dio, o è anche un “ascoltare” Dio? Se fosse soprattutto un nostro parlare, la Parola, il Verbo, Dio stesso, verrebbe mortificato; noi mortificheremmo Dio, gli impediremmo di esprimersi; lo bloccheremmo con le nostre parole. “Stiamo in  silenzio -scriveva ad un’amica la beata Elisabetta della Trinità, suora carmelitana francese morta a ventisei anni nel 1909)- stiamo in silenzio, per ascoltare Colui che ha tanto da dirci”. Sì, Dio ha tanto da dirci circa se stesso, circa noi, circa il nostro destino, circa le cose di questo mondo, circa l’aldilà.

Ascoltare Dio è la cosa “buona”. La traduzione italiana del brano evangelico che abbiamo ascoltato non è esatta nella pare finale. Essa fa dire a Gesù: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore”. La traduzione italiana chiama parte “migliore” l’atteggiamento di Maria che sta seduta ai piedi di Gesù e lo ascolta; ma il testo greco non dice: la parte “migliore” (tèn aristèn merìda), dice la parte “buona” (tèn agathèn merìda). Quella di Maria è la parte “buona”.

Sembra una sottigliezza, e invece è importante per comprendere il pensiero di Gesù, perché se quella di Maria è la parte “migliore”, anche quella di Marta è “buona”; meno buona di quella di Maria, che è “migliore”, ma è pur sempre buona. Se invece la parte di Maria è la parte “buona”        -come dice testualmente Luca- quella di Marta risulta “non essere buona”, risulta essere cattiva; e di fatti Gesù rimprovera Marta. La parte di Marta non è buona, è cattiva, non perchè Marta si dedica al servizio (Gesù ha sempre lodato il servizio, e ha definito se stesso come colui che è venuto a servire l’umanità: Mc 10,45), ma perché Marta nel servire perde il contatto con Gesù, non riesce più ad ascoltare la sua parola, non gli è più presente. La parte “buona”, dunque, è, per tutti, ascoltare il Signore.

Ciò dev’essere fatto sia da chi ha la vocazione alla vita contemplativa e vive in monastero con tanto tempo per la preghiera, sia da chi ha la vocazione alla vita attiva, alla vita di famiglia,alla professione, all’apostolato. Tutti siamo chiamati a vivere in rapporto col Signore, ad ascoltare la sua voce, a vivere in intimità con lui; in modi diversi e secondo lo stato di vita di ciascuno, ma quella è la vocazione e la parte “buona” per tutti.

Del rapporto con Dio e della sua Parola tutti abbiamo bisogno. Un salmo dice: “Se tu, Signore, stai in silenzio e non mi parli, io sono come chi scende nella fossa” (Sal 28,1); cioè io muoio. Non è forse vero che senza Dio, senza la Parola di Dio, tutto perde senso, noi vaghiamo per le strade più sbagliate e arriviamo ad abissi che più profondi non potrebbero essere? La Parola di Dio è vita, è luce, è consolazione, è forza, è gioia, è speranza, è salvezza. “Maledette le mie occupazioni, quando mi portano lontano da Dio!”, esclamava papa san Gregorio Magno; ed era papa …

Ecco per noi la sfida, specialmente per noi che viviamo nel mondo e dobbiamo occuparci di tante cose: vivere le cose senza perdere di vista Dio; diventare contemplativi nell’azione; sviluppare una capacità di ascolto di lui sempre più alta; dedicare tempo alla lettura e alla meditazione della Sacra Scrittura che è la sua Parola; tradurla in vita; ripetere quante più volte al giorno riusciamo la preghiera del giovane Samuele: “Parla, Signore, chè il tuo servo ti ascolta” (1Sam 3,10); o la domanda di Paolo sulla via di Damasco: “Signore, che cosa vuoi che io faccia?” (At 22,10). Se faremo così, se ci impegneremo in questo modo, la nostra vita in poco tempo sarà diversa, sarà molto diversa. La Parola di Dio trasforma, cambia, trasfigura.

don Giovanni Unterberger

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