21^ domenica dopo Pentecoste

Domenico Fetti – Parabola del servo malvagio – 1620

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Domenica 22 ottobre 2023, risalente al 2011

(Mt 18,21-35)

Il perdono tra di noi è necessario. E’ necessario perché possiamo vivere insieme, perché possiamo continuare a vivere insieme, altrimenti è la dispersione, la separazione e la lotta. Ogni giorno manchiamo in tanti modi gli uni con gli altri; e non potrebbe essere diversamente, perché siamo tutti difettosi, limitati, fallibili e peccatori. Se non ci perdoniamo, ci mordiamo a vicenda sempre di più. Non per nulla Gesù ha inserito nella sua preghiera, il Padre nostro, l’invito e l’impegno del perdono: “perdonaci, Signore, come noi perdoniamo”(Mt 6,12).

Il servo della parabola non seppe perdonare. Un suo conservo gli doveva cento denari, una somma -in verità- non del tutto trascurabile; cento denari allora erano la somma paragonabile alla paga di tre mesi di lavoro di un bracciante, di un operaio. Una somma dunque non proprio da nulla, ma non così grande da poter reggere il paragone con la somma che a lui era stata condonata dal suo padrone: diecimila talenti. Diecimila talenti corrispondevano a trecentotrenta tonnellate d’argento, se i talenti erano d’argento, a trecentotrenta tonnellate d’oro, se i talenti erano d’oro. Una somma immensa! Teniamo conto che le rendite annuali del re Erode il grande, cioè le tasse che egli riusciva a riscuotere in un anno da tutto il suo regno, la Palestina, arrivavano a novecento talenti. Dunque il servo della parabola doveva al suo padrone una somma infinita, che difficilmente sarebbe riuscito a pagare, anzi -possiamo dirlo- che non sarebbe mai riuscito a pagare in tutta la sua vita. Eppure fu graziato, anzi fu graziato oltre e più in là della sua stessa domanda. Egli chiese di avere tempo per restituire il debito, e si vide il debito condonato in un istante! Tutto il debito condonato in un istante!

Come accadde allora che egli, appena uscito dal colloquio col suo padrone, e beneficiario di un dono così grande, non seppe condonare al suo conservo un debito molto più piccolo?

Ecco, è qui il punto centrale della parabola, il punto su cui Gesù vuole portare la nostra attenzione. Quel servo non aveva saputo capire la fortuna che gli era capitata, non aveva saputo apprezzare quanto il padrone gli aveva fatto, non si era reso conto della tragica situazione in cui era venuto a trovarsi e da cui era stato sollevato: egli era un debitore insolvente, destinato ad essere venduto lui, con la moglie e i figli, fatto schiavo lui e tutta la sua famiglia; e invece fu sollevato da ogni debito e lasciato in libertà! Se avesse capito questo, se avesse compreso cosa davvero gli era accaduto e l’incredibile che gli era capitato, avrebbe detto al suo conservo: “Va in pace, sta tranquillo; non mi devi più nulla!”.

E’ esattamente questa la nostra situazione. Noi chiediamo perdono a Dio dei nostri errori,  dei nostri peccati, ma non riusciamo a renderci veramente conto di cosa voglia dire aver peccato, aver offeso Dio, ed essere stati da lui perdonati.

Il valore di un dono, oltre che dal valore del dono in sé, dipende dalla dignità e dalla grandezza della persona che lo fa; la gravità di un gesto cattivo, oltre che dalla malizia del gesto in sé, dipende dalla persona a cui lo si fa. Se offendo un amico, uno che mi ha tanto aiutato e mi ha voluto molto bene, faccio un’azione più brutta che se offendo una persona che non mi ha fatto particolari favori. Se offendo Dio, compio un’azione infinitamente brutta e infinitamente grave, perché offendo una persona infinita, e che mi ha voluto e mi vuole infinito bene; ho contratto con Dio un debito da diecimila talenti! E non occorre che abbia compiuto chissà quale delitto contro di lui, ma anche solo la dimenticanza, la trascuratezza di lui, l’ingratitudine verso di lui, sono colpe gravi, sono colpe di cui io non sono più capace, da me, di sdebitarmi.

Eppure lui mi perdona; Dio mi perdona; Dio mi condona ogni debito. E lo fa a caro prezzo. “Non siete stati perdonati e riscattati dai vostri peccati a prezzo di cose corruttibili come l’argento e l’oro -ci dice l’apostolo Pietro- ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia” (1Pt 1,18-19). Il nostro condono vale la croce di Cristo. Forse che ne avevamo diritto? forse che lo potevamo anche solo sperare o immaginare? forse che non fu una cosa straordinaria e oltre ogni misura la croce di Cristo per i nostri peccati? Non fu un amore folle quello di Dio?

Se capissimo tutto ciò! se comprendessimo quanto e in che misura siamo stati perdonati! Il giorno in cui l’avremo compreso non ci sarà più impossibile perdonare qualsiasi torto e a qualsiasi nostro debitore, perché in quel giorno ci apparirà evidente la sproporzione tra il condono ricevuto e il condono da dare; vedremo che è la stessa sproporzione della parabola: diecimila talenti a fronte di cento denari.

Don Giovanni Unterberger

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