E’ tempo di…

“Quanti anni ha, reverendo?”, mi chiese poco tempo fa un tale; e io gli risposi: “Non so”.  “Come non sa? Saprà quando è nato!”, ribatté l’interlocutore. “Certo che so quando sono nato; sono nato nel 1943”. E lui: “Allora ha settant’anni”. “No, non ho settant’anni – dissi io – quelli non li ho più; ho gli anni che ancora avrò da vivere, e quelli non so quanti saranno….”.

Il tempo passa. La vita terrena ha un termine, ha una fine. “Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti” (Sal 90,10).  “Il tempo si è fatto breve…” (1Cor 7,29). Non abbiamo un tempo infinito su questa terra. Alle volte ragioniamo come se vivessimo quaggiù per sempre. E invece il tempo passa….

Il tempo è una realtà meravigliosa e preziosa. Nel tempo io posso fare del bene; posso costruire me stesso fino a fare di me, con la grazia di Dio, un capolavoro; posso diventare somigliante a Cristo; posso rendere più buono il mondo; posso fare felici i miei fratelli.

Nel tempo io posso compiere tante azioni, e quello che è strabiliante e straordinario, e che, insieme, mi carica di responsabilità, è che ogni azione della mia vita io la posso porre un’unica volta; non mi è dato di porla una seconda volta. La giornata di oggi, ad esempio, io la vivo solo oggi, un’unica volta; la giornata di domani sarà un’altra giornata, non sarà più quella di oggi. Alla sera di questo giorno io consegnerò la mia giornata, così come l’ho vissuta, all’eternità. Il tempo non ritorna indietro, non torna un’ “altra” volta.

E’ un pensiero, questo, che mi aiuta tanto a fare bene ogni cosa. Di Gesù la gente diceva: “Ha fatto bene ogni cosa” (Mc 7,37). Sforzarmi di fare bene ogni cosa, una dopo l’altra, può essermi un ottimo programma di vita. E se una cosa, per distrazione o per pigrizia o per poca buona volontà, mi capitasse d’averla fatta male, posso subito riprendermi, facendo bene la cosa che viene subito dopo. Il Vescovo Mons. Ducoli diceva a noi sacerdoti: “Celebrate ogni Messa come fosse la prima Messa, come fosse l’ultima, come fosse l’unica”.

Il fatto che il tempo concessoci su questa terra non sia infinito e che non abbiamo qui una stabile dimora, ci suggerisce di non volere piantare le radici in modo definitivo in questa realtà. Ascoltiamo san Paolo: “Fratelli, il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono, come se non godessero; quelli che comperano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!” (1Cor 7,29-31). In quest’orizzonte tornano vere e importanti le parole di Gesù: “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano” (Mt 7,19-21).

Il sudario con cui saremo rivestiti da morti non avrà tasche”, ha detto papa Francesco. Il tempo presente che viviamo su questa terra è l’occasione propizia per farci un tesoro in cielo.

E’ questione di prospettiva. La prospettiva giusta e vera del tempo non è quella di considerarlo chiuso e costretto dentro il tempo su questa terra; esso è aperto e orientato all’eternità, è vigilia di eternità, è porta spalancata sull’eterno. Gli accadimenti di quaggiù acquistano una luce e una consistenza diversa a seconda che siano inquadrati e letti nella prospettiva di un tempo relegato nell’orizzonte di questo mondo o dentro l’orizzonte più ampio e più grande dell’eternità. Perfino la morte acquista un senso e un significato diverso.

La lingua greca, ed anche il Nuovo Testamento, conoscono e usano due termini differenti per dire “tempo”, il termine “chrònos” (χρόνος) e il termine “kairòs” (καιρός). Col termine “chrònos” viene inteso il tempo nel suo scorrere normale, tutto uguale, asettico, senza particolare significato in se stesso; invece col termine “kairòs” il tempo viene inteso nel senso di “tempo opportuno”, “occasione”, “ momento favorevole”, “tempo di grazia, che contiene in sé un dono di salvezza”. Così, ad esempio, è detto “kairòs” il tempo in cui Gesù cominciò a predicare la buona novella in Galilea (Mc 1,14); è indicata come “kairòs” la visita che con la sua vita Gesù fece al popolo di Israele e che Gerusalemme non seppe riconoscere (Lc 19,44); è detto “kairòs” il tempo in cui Dio consolò l’umanità peccatrice con l’invio del Messia e con la grazia del perdono (At 3,20).

Anche la nostra vita è disseminata di “kairòi”, di momenti particolari di salvezza: il Battesimo, la Confermazione, l’Eucaristia e il sacramento della Riconciliazione, ogni volta che vi ci accostiamo; la Parola di Dio che ci illumina e ci conforta, un richiamo al bene e una correzione che ci viene da un fratello di fede, un dolore, una sofferenza, una gioia particolare, qualche altro momento significativo della nostra vita; ma possiamo dire che tutta la vita, in ogni suo istante, è “kairòs”, è attimo in cui Dio ci fa dono di sé e viene a visitarci. Dio, infatti, è dentro la nostra storia e dentro la storia del mondo, e rende la storia nostra e del mondo, storia di salvezza. In ogni momento.

Prendiamo coscienza del dono grande e prezioso che è il tempo; viviamolo al meglio, non da padroni ma da saggi amministratori che dovranno renderne conto; e con un’infinita riconoscenza e gratitudine a Dio che ce lo regala.

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