3° Domenica del tempo ordinario (forma ordinaria)

(Ne 8,2-4a. 5-6. 8-10;    1Cor 12,12-30;    Lc 4,1-4;  4,14-21)

Duomo di Belluno, sabato 23 gennaio 2016

Due grandi celebrazioni ci sono state presentate dalle lettura bibliche che abbiamo ora ascoltato. La prima fu tenuta attorno al 450 a.C. a Gerusalemme; la seconda fu tenuta nell’anno 28 d.C. a Nazareth. La prima celebrazione ebbe come protagonista il sacerdote Esdra; la seconda ebbe come protagonista Gesù. Oggetto delle celebrazioni, in entrambi i casi, fu la parola di Dio.

Esdra prese in mano il rotolo della legge, la toràh, il Pentateuco, e ne lesse una grande parte, dallo spuntare del sole fino a mezzogiorno. La gente riunita stava particolarmente attenta, ne ascoltava la lettura, la spiegazione; si inginocchiava, si prostrava; quella parola era parola santa, era parola sacra, era parola di Dio.

Anche Gesù, nella sinagoga di Nazareth, prese in mano il rotolo delle Sacre Scritture, e lesse da quel rotolo un passo del profeta Isaia. La gente nella sinagoga era attenta, teneva gli occhi fissi su Gesù, in religioso ascolto; quella che egli leggeva era parola santa, era parola sacra, era parola di Dio.

La parola di Dio è parola di Dio, non è semplice parola di uomini. Avere in mano, a disposizione, la parola di Dio è un tesoro e un bene grandissimo, è un tesoro e un bene preziosissimo. “Lampada per i miei passi è la tua parola, Signore, luce sul mio cammino”, dice un salmo (Sal 119,105). E in un altro luogo il salmo dice: “La tua parola, Signore, è per me più di mille pezzi d’oro e d’argento” (Sal 119,72). Un altro salmo recita: “Le tue parole, Signore, mi sono più dolci del miele e di un favo stilante” (Sal 19,11). “Mai dimenticherò la tua parola”, diceva il pio israelita (Sal 119,16); “la conserverò nel mio cuore e così non ti offenderò col peccato” (Sal 119,11), perché “come potrà un uomo tenere pura la sua vita? custodendo, Signore, la tua parola” (Sal 119,9); “la tua parola nel rivelarsi illumina, dona saggezza ai semplici” (Sal 119,130). Mai, dunque, dimenticherò la tua parola!

Noi siamo, nelle nostre giornate, raggiunti da tante parola umane; ne siamo come sommersi. Parole che diciamo noi, parole che ci dicono altri; parole dalle persone, parole dai giornali, parole dai mezzi di comunicazione sociale. Tante parole… Talvolta sono parole necessarie, molte volte sono parole utili, che aiutano, che fanno del bene. Ma utile e necessario è anche il silenzio, è anche prendersi delle pause di silenzio per riflettere, per pensare, per permettere alla parola che viene da oltre ogni parola d’uomo, la parola di Dio, di parlarci, di consigliarci, di indicarci la strada giusta, di ammonirci, di correggerci, di richiamarci, di consolarci, di incoraggiarci, di rimetterci in piedi, di darci speranza.

“Non restare in silenzio, mio Dio -chiedeva l’antico israelita- perché, se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa” (Sal 28,1). A darci vita, vita vera, è la parola di Dio. Dio ci parla; la sua parola chiede e ha bisogno però di silenzio, di ascolto. Il Signore ci ha scritto una lunga lettera (così chiamano la Bibbia i Padri della Chiesa), una lettera d’amore. Brutto sarebbe se quella lettera d’amore noi la lasciassimo rinchiusa in un cassetto o dimenticata su di un ripiano della nostra biblioteca, e non la leggessimo mai, non la prendessimo mai in mano nel corso delle nostre giornate. O se la leggessimo di fretta, con superficialità, senza approfondirla, senza meditarla, senza permetterle di parlarci davvero. Forse ci capita, il martedì, il mercoledì della settimana, di non ricordare più il Vangelo, la parola di Dio sentita la domenica a Messa. Forse non ci abbiamo più pensato.

La celebrazione di Esdra a Gerusalemme e la celebrazione di Gesù a Nazareth ci invitano e ci spronano a fare tesoro della parola di Dio. La parola di Dio cambia i cuori, la parola di Dio cambia la vita; la parola di Dio fa veri cristiani, fa sante le persone. La parola di Dio sia anche per noi “più preziosa di mille pezzi d’oro e d’argento”, come lo era per il pio israelita. Sia davvero un gran bene.  Il pio israelita, oltretutto, aveva solo l’Antico Testamento, noi abbiamo molto di più: abbiamo il Vangelo di Gesù!

don Giovanni Unterberger

 

 

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