13a domenica del Tempo ordinario (forma ordinaria)

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(1Re 19,16b. 19-21;   Gal 5,1. 13-18;   Lc 9,51-62)

Duomo di Belluno, sabato 25 giugno  2016

Gesù doveva essere una persona affascinante; ‘era’ una persona affascinante. Il suo sguardo doveva essere profondo, buono, dolce, di accoglienza e d’incoraggiamento. Solo perché il suo sguardo era così, la peccatrice della città avrà osato entrare in casa di Simone il fariseo, mettersi ai piedi di Gesù, bagnarglieli di lacrime, baciarglieli, cospargerglieli di profumo.

Le parole di Gesù dovevano essere parole vere, profonde, che andavano dritte al cuore e suscitavano vita. Solo perché le sue parole erano così, le folle si saranno accalcate attorno a lui per ascoltare la sua parola, per avere da lui orientamento di vita, consolazione, speranza.

Il cuore di Gesù doveva essere un cuore meraviglioso, sensibile ad ogni sofferenza, pronto a guarire. Solo perché il suo cuore era così, tutti i malati saranno andati a lui per essere guariti, per essere sanati e tornare gioiosi alla vita.

Gesù doveva essere, ed era, una persona straordinaria, che emanava un fascino particolare, che richiamava a sé e al bene. Molti cominciarono a seguirlo. Abbiamo sentito nel Vangelo quel tale che gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”; e l’altro che gli disse: “Ti seguirò, Signore”. Presi e affascinati da lui. Anche Gesù chiamava: “Seguimi”, disse ad uno.

La sequela di Gesù era la sequela ad una persona, era la sequela alla ‘sua’ persona. Non era anzitutto l’adesione a una dottrina, ad un insieme di verità, ad un complesso di idee; e neppure era anzitutto la sequela e l’adesione ad una norma morale, ad una serie di comportamenti di vita; era la sequela di lui, di lui Gesù. “Seguimi”, disse Gesù al discepolo; segui ‘me’. Sì, da Gesù quel discepolo, ed ogni discepolo, avrebbe imparato una dottrina e avrebbe udito l’impegno ad un certo comportamento morale; ma come prima cosa, come cosa fondante e primaria, Gesù chiedeva l’adesione a sé, a ciò che egli era.

La vita cristiana è l’adesione personale alla persona di Gesù; è l’incontro e l’amicizia con lui; è il camminare con lui lungo la vita in comunione di pensieri e di intenti; è l’ascolto della sua voce e l’obbedienza a quanto desidera il suo cuore. Questa è la vita cristiana; questa è la vera sequela di Gesù.

L’incontro e l’amicizia con Gesù sentito come il tesoro della propria vita e come il bene più grande, più bello e più prezioso che si possa possedere, fa sì che si sia capaci, con la sua grazia, di andare ovunque egli vada, anche per vie che sanno di fatica e di croce; fa sì che lo si sappia mettere al primo posto, prima degli stessi affetti più legittimi e più cari, come ci ha detto il Vangelo.

Conosciamo il passo di Matteo: Un uomo trovò un tesoro in un campo, lo nascose, andò a vendere tutti i suoi averi e comperò quel tesoro. Un mercante di perle preziose ne trovò una di grande valore; vendette tutti i suoi averi e comperò quella perla di grande valore (cfr Mt 13,44-46). Ci chiediamo: per noi Gesù è il tesoro? per noi Gesù è la perla di grande valore? per quel tesoro e per quella perla di grande valore siamo disposti a vendere tutto? siamo pronti a una sequela piena di Cristo Signore? Che il Signore ci possa affascinare! Che il Signore ci possa afferrare e conquistare! Che noi ci lasciamo prendere da lui e seguirlo!

Papa Benedetto nell’omelia della Messa di inizio pontificato ebbe a dire, parlando della sequela di Cristo: “Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura che, se seguiamo Cristo e lo lasciamo entrare totalmente dentro di noi, egli possa portare via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di dover rinunciare a qualcosa di grande, di unico che rende la vita così bella? No! Chi segue Cristo non perde nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande! Solo in questa sequela si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Cristo non toglie nulla, e dona tutto. Chi segue lui riceve il centuplo. Spalanchiamo le porte a Cristo, seguiamo Cristo, e troveremo la vera vita.

Diciamo allora anche noi assieme ai discepoli del brano evangelico, aiutati da Gesù e dallo Spirito Santo: “Signore, ti seguirò. Ti seguirò dovunque tu vada”.

don Giovanni Unterberger

 

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