33° Domenica del Tempo ordinario (forma ordinaria)

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Mal 3,19-20a;   2Tess 3,7-12;   Lc 21,5-19

Duomo di Belluno, sabato 12 novembre 2016

Il pellegrino in Terrasanta che dal Monte degli Ulivi guarda la spianata del tempio, a Gerusalemme, oggi vi ammira le due grandi moschee di al-Aqsa e di Omar, due costruzioni belle e imponenti; ma chi guardava a quella spianta al tempo di Gesù vi vedeva qualcosa di ancora più bello e di più imponente: vi ammirava lo stupendo tempio di Gerusalemme, composto da cortili  e porticati; dal Santo, il luogo dei sacrifici; dal Santo dei Santi, il luogo più interno e più sacro; vi scorgeva la porta d’accesso, detta ‘porta bella’ perché particolarmente curata e ornata; e l’occhio scendeva gratificato lungo la lunga scalinata in pietra lucente che dal tempio portava alla piscina di Siloe in fondo alla valle del Cedron: un complesso murario straordinario, abbellito e ornato da grandi opere di consolidamento e di restauro volute da Erode.

Di quella meraviglia Gesù disse: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”. Una triste profezia, che di lì a quarant’anni si sarebbe compiuta con la distruzione del tempio ad opera dei Romani.

Le parole di Gesù erano rivolte agli apostoli e alla gente del suo tempo, ma, quale Parola di Dio, esse contenevano un’indicazione e un insegnamento che vale anche per noi, che vale per tutti i tempi: la realtà in cui viviamo non è realtà definitiva, non è realtà ultima; è realtà penultima. C’è un’altra realtà, che prenderà questa realtà e la trasformerà, dando vita alla realtà che sarà ‘per sempre’. Alla realtà che sarà ‘per sempre’ noi dobbiamo alzare lo sguardo, innalzare il cuore; quella dobbiamo fortemente desiderare, vivendo nel modo giusto la realtà presente in cui ora siamo immersi: vivendola con impegno, ma senza incollarvi il cuore, quasi idolatrandola. “Passa la scena di questo mondo”, dice san Paolo (1Cor 7,31); e la lettera agli Ebrei aggiunge: “Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura” (Ebr 13,14).

Della realtà in cui ora noi viviamo Gesù nel Vangelo ci ha detto due cose: che essa sarebbe stata segnata dalla presenza di falsi profeti e da grandi prove.

“Molti verranno nel mio nome -ci ha detto Gesù- Essi diranno: Sono io”, sono io il Messia. Si presenteranno come salvatori, come coloro che potranno dare benessere, soluzione, felicità all’uomo. “Non andate dietro a loro”, avverte Gesù. Molti falsi ‘Messia’ si affacciano anche oggi sulla scena del mondo. Quante proposte mondane, quante ideologie, quante correnti di pensiero che promettono libertà, liberazione da presunti tabù, affrancamento da qualsiasi norma e legge morale! Propugnano, camuffando le parole, l’eutanasia, e la chiamano ‘morte assistita’; propugnano l’aborto, e lo chiamano ‘interruzione di gravidanza’; propugnano lo stravolgimento della sessualità naturale, e lo chiamano ‘teoria del gender’. Sono falsi profeti! “Non andate dietro a loro”, dice Gesù. Essi vi trascinerebbero in un baratro, vi porterebbero alla rovina.

“Avrete occasione di darmi testimonianza” -continua Gesù- rimanendomi fedeli. E’ il tempo, questo, della testimonianza a Cristo per noi cristiani, per noi discepoli di Gesù.

Ed è il tempo della pazienza e della fiducia. “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, a causa del mio nome -dice Gesù- Sarete odiati da tutti per causa mia, ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. Il tempo presente è difficile, segnato da prove, da dolori e sofferenze, ma l’invito di Gesù è alla fiducia, alla confidenza in lui: egli non ci lascerà soli, non ci abbandonerà, si prenderà cura di noi fino in fondo, fino all’ultimo nostro capello; e ci salverà. L’anima del cristiano, pur negli sconvolgimenti dell’ora presente, resta sereno, paziente, fidente in Dio.

Ecco, dunque, lo sguardo di Gesù sul nostro tempo, sguardo che deve diventare lo sguardo nostro: il tempo presente è il tempo della testimonianza cristiane e della fiducia; tempo che attende l’ora definitiva, che assorbirà questo tempo presente e lo renderà, in Dio, realtà ultima e ‘per sempre’.

don Giovanni Unterberger

 

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