8a del Natale (forma ordinaria)

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(Num 6,22-27;   Gal 4,4-7;   Lc 2,26-21)

Perarolo di Cadore, 1 gennaio 2017

Quanta delicatezza e quanto senso di pace nelle letture bibliche di questo giorno! La prima lettura, tolta dal libro dei Numeri, ci ha riportato le parole di benedizione del sommo sacerdote Aronne al popolo di Israele: “Il Signore ti custodisca e ti faccia grazia; faccia brillare su di te il suo volto e ti conceda pace”. La seconda lettura, tolta dalla lettera di san Paolo ai Galati, ci ha detto che siamo figli, figli di Dio, e che possiamo chiamare Dio ‘padre’. Parola delicata e piena d’affetto, questa; e parola di pace, perché Dio è un padre che non è arrabbiato con noi, è un padre che ci ama. E delicatezza e pace in tutto il brano di Vangelo: delicata è la scena di Maria, Giuseppe e il bambino Gesù che i pastori vanno a trovare; delicata e piena di pace è Maria che custodiva e meditava in cuor suo quanto le accadeva attorno; pieno di pace soffusa è tutto il villaggio di Betlemme, che risuona di canti e di lodi a Dio per il Salvatore che è nato. Che questo clima natalizio di delicatezza e di pace possa contagiare e diffondersi nelle nostre vite, in tutti i giorni del nuovo anno che oggi inauguriamo.

Delicatezza. Delicatezza dice modi cortesi, gentili, attenti a non colpire, a non ferire, a non fare del male a chi abbiamo accanto e con cui trattiamo. Delicatezza dice dolcezza, dice ‘no’ ad ogni ruvidezza, ad ogni rozzezza, ad ogni ingiustificata fretta e sbrigatività nel trattare le fatiche, le sofferenze, i problemi dei fratelli. Quanto è bella la delicatezza!

Delicatezza e pace. Pace, di cui ha tanto bisogno il mondo, il grande mondo, e anche quel piccolo mondo che sono i nostri paesi, le nostre famiglie, il cuore di ogni uomo e di ogni donna. Oggi la Chiesa nel mondo celebra la cinquantesima giornata della pace, giornata istituita nel 1966 da papa Paolo VI e fissata al primo di gennaio. Il tema per la giornata della pace di quest’anno proposto da papa Francesco è: “La non violenza. Stile di una politica per la pace”.

La non violenza è necessaria alla pace. La pace è immediatamente messa in pericolo e turbata dalla violenza, dal sopruso, dalla prepotenza. Ogni violenza va evitata, accuratamente evitata; ogni violenza. C’è la violenza fisica, ma c’è pure la violenza di una parola dura, tagliente, di giudizio; c’è la violenza di un gesto che dice disprezzo; c’è la violenza anche solo di uno sguardo, qualora fosse uno sguardo di odio e di rancore. ‘No’ ad ogni violenza!

C’è purtroppo in ogni cuore umano un seme nefasto di violenza. Dentro ciascuno alberga questa cattiva radice che ha bisogno di essere estirpata, per non produrre e diffondere veleno nei rapporti umani e nelle relazioni tra le persone. La violenza è un cancro che distrugge la comunione, l’intesa, l’armonia. La comunione non può resistere e continuare là dove ci fosse violenza.

Ma chi risanerà e strapperà da noi questa cattiva radice? E’ illusione, ed è purtroppo illusione comunemente diffusa (!), che a fare comunione tra le persone, a fare comunità, anche solo a fare famiglia, sia capace e sia sufficiente lo sforzo e l’impegno umano. L’uomo da solo non è capace di comunione, di comunione che duri. Solo da Dio l’uomo può ricevere e ottenere la capacità di fare comunione, di ‘essere’ comunione. La comunione tra le persone viene fatta solo e nella misura in cui le persone cercano Dio, nella misura in cui le persone coltivano il proprio rapporto con Dio.

La comunione ‘in orizzontale’ (tra le persone) è sostenuta ed è resa possibile dalla comunione ‘in verticale’ (la comunione con Dio). Solo persone che vivono in Dio, che hanno e coltivano una vera, seria e profonda vita spirituale, sono persone capaci di comunione e di fraternità; persone che vivono poco in Dio sono, purtroppo, vittime della loro cattiva radice interiore, e portano nei rapporti violenza, discordia e divisione.

La Parola di Dio oggi, nelle letture che la Chiesa ci propone, ci parla di delicatezza e di pace. Delicatezza e pace siano il programma che ci assumiamo e che cerchiamo di vivere. Ma non dimentichiamo, per non sbagliarci, che saremo capaci di delicatezza e di pace nella misura in cui avremo cercato di vivere in Dio; solo nella misura in cui avremo cercato di vivere uniti a lui. La croce ce lo insegna: il braccio più lungo, dei due, è quello verticale; e non è il braccio orizzontale a  sostenere quello verticale, ma è il braccio verticale a sostenere quello orizzontale.

don Giovanni Unterberger

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