4a Domenica del Tempo ordinario (forma ordinaria)

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(Sof 2,3; 3,12-13;   1Cor 1,26-31;   Mt 5,1-12a)

Duomo di Belluno, sabato 28 gennaio 2017

Pagina dolcissima o pagina rivoluzionaria, quella che abbiamo ora ascoltato nel Vangelo? Questo e quello insieme. Pagina dolcissima, segnata e ritmata da nove ‘Beati’, da nove promesse di beatitudine e di felicità, più un ‘rallegratevi ed esultate’. Pagina di serenità e di gioia! Ma insieme pagina di rivoluzione, e di una rivoluzione straordinariamente forte e grande.

Nel mondo, lungo la storia, le rivoluzioni sono state innumerevoli, e ancor oggi ci sono rivoluzioni sul nostro pianeta. Rivoluzioni violente, con oppressioni e morti; rivoluzioni vòlte a cambiare le cose fuori dell’uomo. La rivoluzione di questa pagina di Vangelo, invece, è una rivoluzione pacifica, che non provoca sofferenze e distruzioni; anzi, è una rivoluzione che costruisce ed edifica; ed è una rivoluzione vòlta a cambiare le cose dentro l’uomo; vòlta a cambiare l’uomo.

L’uomo tende a costruirsi da sé, ad organizzarsi di propria iniziativa, secondo i propri pensieri e i propri progetti, in una sorta di autonomia e di indipendenza da tutto e da tutti. Pensa di trovare la gioia e la felicità per questa via. E invece “beati i poveri in spirito”, beati quelli che si mettono nelle mani di Dio, si affidano a lui e si lasciano condurre da lui nella vita (questo è il senso della parola ‘ptochòi to pnèumati’ che il Vangelo usa, e che la traduzione italiana rende con ‘poveri in spirito’). Chi si lascia guidare da Dio e si affida con fiducia a lui trova la serenità e la pace, è ‘beato’; mentre chi vuole costruire se stesso in una sorta di sforzo titanico non gode mai di pace e di quiete vera.

C’è una beatitudine nell’essere miti. La mitezza conserva l’animo sereno, la violenza invece lo turba, lo mette sottosopra e in subbuglio. Il violento non è mai felice, se non per un momento, nel momento in cui ha la sensazione d’aver prevalso e vinto l’avversario; ma poi è costretto a fare i conti con quanto ha distrutto, con le macerie che ha provocato. Quale parola rivoluzionaria è la parola “beati i miti” in un mondo tanto violento e in cuori inclini ad usare violenza!

E quale rivoluzione, rivoluzione buona, porta la parola “beati quelli che sono nel pianto perché saranno consolati” a chi è nel dolore, nella sofferenza, nella prova, nella disperazione! Il dolore viene lenito, viene illuminato, decodificato, aperto alla speranza.

Anche la beatitudine dei misericordiosi chiede una rivoluzione. L’istinto di giudicare e di condannare è così forte in noi che non riusciamo a trascorrere forse neppure una giornata senza giudicare e senza criticare qualcuno. La beatitudine dei misericordiosi vuole cambiare tutto in noi: sguardo, cuore, modo di pensare e di valutare. Vuole operare una seria rivoluzione.

“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”, dice Gesù. Si tratta di non permettere che le cose del mondo occupino e ingombrino il cuore al punto da non permettergli più di vedere Dio, fino a fargli perdere la comunione con lui. Si tratta di rivoluzionare tante cose nel cuore, nelle abitudini, nella vita, perché Dio sia il primo, il sommo, il supremo.

E anche la beatitudine degli “operatori di pace” chiede una rivoluzione al cuore dell’uomo, la vittoria sull’istinto di voler prevalere, affermarsi contro il fratello, dominare, sovrastare, rovinando e distruggendo la pace.

E, infine, straordinaria è la rivoluzione dell’ultima beatitudine: addirittura chiede di “rallegrarsi ed esultare” qualora si venisse “perseguitati, maltrattati, calunniati”, perché “grande è la ricompensa nei cieli”.

La pagina delle beatitudini è una pagina di rivoluzione; di rivoluzione per il mondo, e per il cuore umano. Essa indica la rivoluzione vera, quella buona, quella giusta, quella di cui c’è assoluto bisogno. Questa rivoluzione, una volta operata, porta alla felicità, alla beatitudine, ad un volto nuovo e umano del mondo, ad un vivere sereno sulla terra tra gli uomini. Ci dia il Signore il desiderio e la forza di operare in  noi questa rivoluzione.

don Giovanni Unterberger

 

 

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