Solennità del Natale di Gesù (Messa del giorno)

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(Is 52, 7-10;   Ebr 1-12;   Gv 1,1-14)

25 dicembre 2017

 

“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Oggi, alle parole del ‘Credo’: “Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo” la Chiesa chiede ai suoi fedeli di inginocchiarsi; inginocchiarsi per adorare. Adorare vuol dire riconoscere, vuol dire contemplare, vuol dire fissare lo sguardo stupiti, meravigliati, presi e conquistati dal Mistero. In ogni Messa, però, in cui si recita o si canta il ‘Credo’, a quelle parole la Chiesa chiede che si chini il capo, perché grande è il mistero dell’Incarnazione, il mistero del Verbo fatto uomo, del Dio fatto bambino! Un mistero degno di essere sempre ricordato. Oggi l’inginocchiarsi acquista un senso e un significato del tutto particolare.

Entrai una volta in una famiglia, durante il tempo di Natale, invitato a pranzo. E dopo il pranzo fui richiesto di dire una preghiera, assieme a tutti, davanti al presepio che era stato allestito. Quale fu la mia sorpresa nel vedere, appena che iniziai la preghiera, i due figlioletti uno di sei anni e l’altro di quattro, mettersi in ginocchio davanti al presepio, con le mani giunte, tanto che mi sentii di inginocchiarmi anch’io, e con me i due genitori, trascinati in ginocchio, tutti e tre noi adulti, da quei due piccoli bambini… Stupiti loro più di me, meravigliati davanti a Gesù Bambino loro più di me sacerdote!

E pensai: non è che io abbia perso un po’ il senso del Natale? che l’avvenimento del Verbo di Dio fatto uomo non sia più per me l’avvenimento per eccellenza, sorprendente; l’avvenimento più grande della storia e di ogni altro avvenimento che possa essere accaduto e che possa accadere nella storia? Sì, lo so a livello intellettuale: l’ho sentito dire, l’ho anche studiato sui libri, ma a livello esistenziale… quanto mi è presente a livello esistenziale? quanto incide nella mia vita?

La Chiesa ogni giorno fa suonare le sue campane tre volte, al mattino, a mezzogiorno e a sera, per ricordare l’Incarnazione del Verbo. Per la Chiesa l’Incarnazione del Verbo è un evento capitale: ha diviso la storia in due, ha portato Dio sulla terra, ha portato al mondo la salvezza. E io, sono figlio della Chiesa? ascolto la voce della Chiesa e la voce di quelle campane e, se posso, mi inginocchio e recito l’ “Angelus Domini”, “L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria… e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”? Questa preghiera i nostri vecchi, i nostri avi, la recitavano con fede, interrompendo il lavoro; la recitavano in latino, e noi possiamo recitarla in italiano, a memoria e a lode del Dio venuto sulla terra. Non lasciamo cadere tutto ciò che la nostra antica fede e la tradizione possedevano come tesoro, come tesoro che univa i cuori a Dio!

Il Natale è la festa della gioia, la festa della pace, della salvezza, della fratellanza. E’ la festa che ci rivela il cuore di Dio, sceso uomo tra gli uomini per incontrare l’uomo e innalzarlo fino a sé, fino ad una dignità divina, fino a farlo ‘figlio di Dio’. L’evangelista Giovanni ci ha detto: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome”.

Natale, festa straordinaria. Facciamola durare; facciamola durare tutti i giorni. Ecco la proposta: recitiamo ogni giorno, al suono dell’ ‘Ave Maria’, mattino, mezzogiorno e sera, la preghiera dell’ ‘Angelus’. Impariamola a memoria, restiamole fedeli. Sperimenteremo ogni giorno i doni del Natale, la presenza dell’Emmanuele, il Dio con noi.

don Giovanni Unterberger

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