3a domenica Tempo ordinario (forma ordinaria)

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(Gio 3,1-5.10;   1Cor 7,29-31;   Mc 1,14-20)

Duomo di Belluno, sabato 20 gennaio 2018

 

Giona andò a Ninive a predicare conversione; le prime parole che Gesù disse, dando inizio alla sua missione, furono: “Convertitevi e credete nel Vangelo”.

La conversione che Giona chiese a Ninive fu una conversione di tipo moralistico: un cambiamento di comportamenti; il passaggio da comportamenti cattivi a comportamenti buoni, da comportamenti ingiusti a comportamenti giusti. Il testo dice: “Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia”. I niniviti cambiarono condotta.

Si era ancora nell’Antico Testamento. Nell’Antico Testamento, e in particolare al tempo di Gesù, ad opera dei farisei e dei dottori della legge la conversione era vista e sentita come osservanza e conformità alla legge. C’era una legge, la legge di Mosè che andava osservata; chi non la osservava doveva convertirsi, doveva convertirsi ai comportamenti della legge: osservarli. Il rapporto era con la legge. La vita spirituale stava sotto il segno della legge.

Non così la conversione proposta da Gesù. Ce lo dice il brano evangelico che ci è stato proclamato, e che ci ha raccontato la chiamata dei primi apostoli. Pietro, Andrea, Giacomo e  Giovanni erano sul lago intenti a pescare; Gesù passò di là, li vide, e li chiamò. Li chiamò e disse: “Venite dietro a me”. Non disse: “Ho una legge da farvi osservare; ho uno stile di vita da proporvi; ho un cambio di passo che dovete fare”. No, disse: “Venite dietro a me”. Il rapporto, in questa conversione, non era nei confronti di una legge, ma nei confronti di una persona, della ‘sua’ persona, la persona di Gesù. I quattro pescatori seguirono Gesù; Gesù diventò la loro legge. Non dunque una legge fatta di prescrizioni e di comandamenti, ma una legge che era una persona.

E’, questo, un cambio strutturale assoluto, una rivoluzione copernicana nella vita spirituale. E’ ciò che Gesù intendeva quando disse: “Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi” (Mc 3,21.22). La conversione proposta da Gesù era di tutt’altro segno, del tutto diversa da quella intesa e proposta nell’Antico Testamento. Il tipo di conversione di Gesù non stava affatto dentro quella dell’Antico Testamento.

Si tratta, per noi, di passare da un’impostazione ‘moralistica’ della vita spirituale a una impostazione ‘teologale’di essa; cioè impostare la propria vita spirituale non primariamente sullo sforzo, pur lodevole, di acquistare le virtù e di evitare ogni peccato, quanto sul cercare di crescere nell’affezione  a Gesù, nell’amore a lui, nella familiarità e nella consuetudine con la sua persona. Lo sforzo sia quello di rimanere uniti a lui come tralci innestati nella vite (cfr Gv 15,1-5). Quanto più saremo tralci innestati nella vite-Gesù, tanto più le virtù di Gesù passeranno in noi; passerà in noi la sua bontà, la sua carità, la sua castità, la sua pazienza, la sua capacità di sacrificio, la sua santità. E così avverrà la nostra conversione; quasi senza bisogno di una legge…

“Venite dietro a me”, disse Gesù a quei quattro pescatori; ed essi lo seguirono. Lo seguirono come legge della loro vita, con una conversione che non fu sforzo arido e freddo di perfezione morale, ma fu rapporto intimo e caldo di affezione ad una persona, alla persona del Figlio di Dio da amare e da non, in nulla, mai disgustare.

don Giovanni Unterberger

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