4a domenica del Tempo Ordinario (forma ordinaria)

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(Dt 18,15-20;   1Cor 7,32-35;   Mc 1,21-28)

Duomo di Belluno, sabato 27 gennaio 2018

 

Un metodo che aiuta a individuare il messaggio principale di un brano biblico è quello di notare le parole-chiave e più ripetute nel brano stesso. Dalla ripetizione di certe parole, su cui l’autore sacro pone l’accento, si può scoprire e capire il messaggio che egli vuole dare. Nel brano evangelico che abbiamo ora sentito proclamare ci sono due parole che ritornano ciascuna due volte, e che costituiscono, per così dire, l’ossatura, la struttura dell’intero brano: sono le parole ‘insegnare’ e ‘insegnamento’.

All’inizio del brano si dice: “In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga a Cafarnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità”. E verso la fine del brano la gente presente in sinagoga esclama: “Che è mai questo?Un insegnamento nuovo, dato con autorità”. All’interno del brano si racconta la liberazione di un indemoniato da parte di Gesù, cosa che non può non attirare l’attenzione del lettore e che ha, certamente, un suo messaggio; ma quell’episodio è posto dentro la cornice di Gesù che insegnava, e insegnava con autorità; un’autorità che non solo riusciva a stupire la gente presente in sinagoga, ma addirittura riuscì a liberare da Satana un ossesso.

Gesù è presentato, dall’evangelista, come ‘l’insegnante’, e un insegnante di eccezione; più bravo degli scribi e dei dottori della legge, e più forte di ogni altro insegnante; capace addirittura di vincere Satana. Un insegnante che insegnava ‘con autorità’: due volte nel testo ricorre questa parola.

Gesù aveva autorità; ed ha autorità ancora, anche oggi; e l’avrà per tutti i tempi, fino alla fine del mondo e della storia; e su tutti gli uomini; perché egli è la verità, è la verità in persona, è la verità stessa di Dio. Ora, la verità ha autorità in se stessa, possiede un’autorità che niente e nessuno le può togliere: né il dubbio, né l’obiezione, né la negazione, né il rifiuto. La verità è autorevole di per sé, e alla fine vince e trionfa.

Noi abbiamo Gesù, l’insegnate che ha autorità; ma il problema allora che si pone è: l’uomo riconosce tale autorità? Noi riconosciamo tale autorità? Potrebbe accadere che l’autorità non venga riconosciuta, non venga accettata, venga disattesa e disobbedita; e ciò a danno dell’uomo. L’evangelista Marco, nel presentare Gesù insegnante, lascia capire quanto sia stato di giovamento e di utilità, quel giorno, per la gente di Cafarnao, l’insegnamento di Gesù: la gente ne rimase colpita e favorevolmente stupita; si sentì liberata dai pesi che gli scribi e i dottori della legge imponevano con i loro insegnamenti; e l’indemoniato venne a trovarsi liberato dal demonio.

Così è l’insegnamento di Gesù: un insegnamento che libera, che indica e che mostra; un insegnamento che consola, che conforta; un insegnamento che richiama e che corregge; un insegnamento che non lascia tranquillo l’uomo nelle secche di una vita pigra e neghittosa, ma lo chiama a crescere e a dare alle proprie giornate impegno e senso.

Accogliamo su di noi e sulla nostra vita l’autorità dell’insegnamento e della parola di Gesù; ad esempio della parola che dice: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la sua anima?” (Mc 8,36); oppure la parola: “Io sono la vite, voi i tralci. Rimanete in me e porterete molto frutto” (Gv 15,4-5); oppure la parola: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36); oppure qualche altra parola di Gesù che lo Spirito Santo ci suggerisce.

E diamo spazio a quella parola, permettiamole di agire in noi; cerchiamo, con l’aiuto di Dio, di viverla, di praticarla; e allora sperimenteremo che la salvezza portata da Gesù quel giorno a Cafarnao, opererà salvezza e miracoli anche in noi.

don Giovanni Unterberger

 

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