27a domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

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(Col 1,9-14;   Mt 24,15-35)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 25 novembre 2018

“Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e si batteranno il petto tutte le tribù della terra; vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria”.

Vedremo il Figlio dell’uomo, incontreremo il Signore. Egli verrà, e noi ci batteremo il petto davanti a lui. “Tutte le tribù della terra si batteranno il petto”, ha detto il Vangelo. Siamo peccatori. Quel giorno, il giorno dell’incontro, unico nostro rammarico sarà l’aver poco amato Dio, l’aver fatto poco conto del suo amore, l’aver osservato poco i suoi comandamenti, l’averlo poco tenuto presente nelle nostre giornate; e ci batteremo il petto. Questo sarà il nostro rammarico in quel giorno, e non altro; non il non aver realizzato chissà che cosa nella vita, il non essere stati brillanti nelle cose del mondo.

Ci batteremo il petto. Ma abbiamo modo di far sì che il batterci il petto in quel giorno non debba essere troppo forte e troppo doloroso: abbiamo tempo, ora, di voler bene al Signore. Vogliamogli bene! Teniamo presente, oltre che l’orizzonte terreno, l’orizzonte celeste, l’orizzonte eterno. Teniamo presente Lui! Non tutto è racchiuso quaggiù, c’è un’eternità beata, c’è una cosa stupenda, dono meraviglioso del Padre, che ci è riservata e preparata.

C’è tutto un mondo spirituale che è vero e che è vivo; ci sono gli angeli, ci sono i Santi, c’è Maria, c’è il nostro angelo custode, c’è la Trinità Santissima. Questo mondo non è immaginario e fantasia, è reale! È anzi più reale del nostro mondo quaggiù, perché il nostro mondo quaggiù è temporaneo e passeggero, quello è definitivo e per sempre. Quel mondo non è lontano da noi; in esso noi siamo immersi come un feto nel grembo di sua madre. Una sorta di sottile ‘placenta’ ci separa da esso, la tenue tenda del nostro corpo, che poco basta perché si scompigli e venga lacerata.

Quanto sono imprecisi i nostri calcoli, e sballati i nostri progetti, se non tengono conto di quel mondo! Di quanto ci sbaglieremmo nel giudicare e nel valutare! E’ come se tenessimo conto soltanto di una parte della realtà, di una piccola parte della grande, totale, completa realtà!

San Paolo ci ha esortati nell’epistola: “Comportatevi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto”. Ecco il modo per vivere aperti al ‘tutto’, al ‘totale’ e al definitivo; a Lui, Dio, che è il ‘tutto’, la radice, l’origine di noi stessi e l’orizzonte del nostro essere ultimo. Piacere al Signore, tenerlo presente, farne memoria, pregarlo, consultarlo, tenerlo a compagno di quanto facciamo e viviamo, è il modo per poterlo incontrare senza doverci fortemente battere il petto nel giorno in cui egli verrà. Ma è già il modo di vivere bene la vita qui, con un senso profondo che altrimenti non avremmo, e con una serenità e una pace che altrimenti non potremmo gustare.

don Giovanni Unterberger

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