33^ domenica del Tempo Ordinario (forma ordinaria)

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(Mal 3,19-20a;   2Tess 3,7-12;   Lc 21,5-19)

Duomo di Belluno, 17 novembre 2019

L’anno liturgico sta avviandosi alla conclusione; domenica prossima, festa di Cristo re, sarà l’ultima domenica; poi, col 1° dicembre, prima domenica d’Avvento, inizierà l’anno liturgico nuovo. La Chiesa coglie l’occasione per metterci davanti tre brani biblici in linea e in sintonia con questo momento particolare.

‘Che bel tempio abbiamo! E’ una meraviglia!’, diceva la gente di Palestina, ammirando il tempio di Gerusalemme. E, in effetti, il tempio di Gerusalemme era qualcosa di meraviglioso, costruzione imponente, da quando Erode il grande aveva fatto eseguire lavori di ingrandimento, a partire dall’anno 20 a.C; lavori che si protrassero fino al 63 d.C., poco prima della distruzione del tempio steso, avvenuta nel 70 d.C. ad opera dei romani. Ma Gesù di rimando: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”.

Anche il tempio di Gerusalemme sarebbe stato distrutto, simbolo e prefigurazione di una distruzione più grande; della distruzione di una realtà, quella cosmica, dentro la quale sta anche la vita dell’uomo, la nostra vita personale, che verrà a cessare. Il mondo attuale non è definitivo. “Sta per venire il giorno rovente come un forno”, aveva predetto il profeta Malachia, un fuoco che avrebbe bruciato tutto. E’ sapienza tenere presente e ricordare che nulla di questo mondo è eterno, nulla di ciò che è quaggiù è ‘per sempre’ e tutto, invece, è passeggero; e che quindi non ha senso attaccarvi il cuore come se fosse definitivo; ci si sbaglierebbe.

Definitivo ed eterno è Dio, l’amicizia con lui, è compiere la sua volontà; ed è cosa bella e consolante, di conseguenza, la certezza che tutto quanto è fatto con Dio e secondo Dio, anche se in se stessa è realtà precaria e passeggera, da lui riceve valore di definitività e di eternità. Che cosa di più precario e passeggero, ad esempio, per una mamma, del preparare il pranzo per la sua famiglia? lo prepara ogni giorno; anzi, pranzo e cena ogni giorno! Azioni precarie e passeggere, ma che, se fatte col Signore e in unione alla sua volontà, diventano gesti di eternità. E che cosa di più passeggero che una giornata di fabbrica, di scuola o di ufficio? giornate che scorrono e finiscono, ma che, se vissute con il Signore e in unione alla sua volontà, si rivestono di un valore che è ‘per sempre’.

“Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno -ci ha avvertiti Gesù- metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni”. Gesù predisse difficoltà e sofferenze: la vita dell’uomo, prima del suo ritorno alla fine dei tempi, è vita di fatica, segnata da pesi, prove e dolori; esperienza di tutti noi e di ogni uomo. Ma il Signore aggiunge: “Io vi darò parola e sapienza; sarete odiati a causa del mio nome, ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”. Egli assicura la sua presenza e la sua custodia.

Cristo è ‘il presente. E’ vissuto duemila anni fa, è morto, ma è risuscitato, ed è vivo; è qui. E’ ovunque, non più limitato dal tempo e dallo spazio. Egli dà parola e sapienza; col suo Spirito assiste i suoi fedeli e custodisce addirittura ogni loro capello: “neppure un capello del vostro capo andrà perduto”. Tale promessa dà speranza e fiducia certa; su di essa possiamo contare. Come possiamo contare sull’altra sua promessa: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Non ci sentiremo, allora, abbandonati, dimenticati, trascurati e non guardati. Siamo continuamente oggetto della sua attenzione e del suo sguardo buono, così come a un genitore i figli non escono mai dal cuore. Fino al giorno del ritorno del Signore egli è con noi; questa è la grande verità che noi cristiani possediamo, e alla quale possiamo continuamente tornare per attingere forza e fiducia. ‘Tu, Signore, sei l’eterno presente.

don Giovanni Unterberger

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