19^ domenica del Tempo Ordinario

Cristoforo De Predis – Guarigione del sordomuto – 1471-1474

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(1Re 19,4-8; Ef 4,3 – 5,2; Gv 6,41-51)

Sabato 7 agosto 2021, risalente a sabato 11 agosto 2012

La prima lettura ci ha offerto un racconto molto bello: il profeta Elia in fuga dalla regina Gezabele che lo voleva uccidere, che viene soccorso da un angelo. Elia fugge. Fugge verso dove? Fugge verso colui che lo poteva difendere, Dio; e verso il monte dell’abitazione di Dio, l’Oreb, il Sinai. Elia è a terra, sfinito, e un angelo gli offre un pane e dell’acqua per il cammino. Senza quel pane e senza quell’acqua Elia non sarebbe stato capace di continuare la sua strada e di riprendere il cammino.

Qual è il cammino nostro? “Fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi – ci ha detto san Paolo nella seconda lettura – e camminate nella carità”. Ecco il nostro cammino: imitare Dio nella carità. La carità è il cammino che ci fa imitare Dio. Quel “fatevi imitatori di Dio” nel testo greco è il verbo “miméomai”, che, reso alla lettera, è: “fate il mimo di Dio”. Si fa il mimo di Dio camminando nella carità, perchè “Dio è carità” (1Gv 4,8). Imita Dio, fa il mimo di Dio, colui che vive la carità.

San Tommaso d’Aquino, sommo teologo e dottore della Chiesa, nella sua grande opera, la “Summa theologica”, riserva grande spazio alla trattazione sulla carità, e dice che la carità è la virtù somma, che la perfezione della vita spirituale sta nella perfezione della carità. Non sta in preghiere, in penitenze, in mortificazioni; non sta in opere grandi, neppure se quelle opere fossero molto utili per il prossimo; sta nella carità. Del resto, già san Paolo ai Corinzi aveva detto: “se anche distribuissi tutte le mie sostanze ai poveri, ma non avessi la carità, non mi gioverebbe nulla, e perfino se dessi il mio corpo per essere bruciato a favore degli altri, ma non avessi la carità, farei qualcosa di buono” (1Cor 13,3). Tutto, invece, preghiere, penitenze, mortificazioni, opere, è utile, se porta ad un aumento e ad una crescita della carità.

Il cammino della carità è un cammino in salita. Facilmente ci viene il fiatone; facilmente ci viene da fermarci in questo cammino. Amare è difficile, specialmente in certe circostanze. Fare il primo passo verso la riconciliazione; sopportare un torto senza adirarsi e senza chiudere i rapporti; conservare il cuore aperto a compiere gesti buoni verso chi dovrebbe amarci e non ci ama, e magari ci dimentica, o non comunica con noi, o ci tratta male… tutto questo non ci viene facile; tutto questo, spesso ci vede fermi ai lati della strada come il profeta Elia, spossati e sfiniti anche noi come lui, incapaci di compiere un passo avanti di carità e nella carità.

Abbiamo bisogno di un pane, di un pane di carità. Abbiamo bisogno di andare a carità di un pane di carità. Questo pane di carità è l’Eucaristia. L’Eucaristia, lo sappiamo, è la carità di Cristo; essa è, e contiene, l’atto supremo dell’amore di Cristo, la consegna della sua vita sulla croce per noi (lo vedremo meglio sabato prossimo).

L’Eucaristia è nutrimento alla nostra carità. Ognuno dei sette sacramenti ha una sua grazia propria, un suo dono specifico, il dono proprio del Battesimo è quello di renderci partecipi della vita di Dio, farci figli di Dio. Il dono proprio della Confessione è quello di rimetterci in comunione con Dio, dopo che il peccato l’ha interrotta. Il dono proprio dell’Unzione degli infermi è quello di aiutare il malato nella sua malattia, santificandola e perdonandogli i peccati. Il dono proprio del sacramento del Matrimonio è quello di immettere l’alleanza sponsale dei due sposi nell’alleanza di Dio con noi, per averne tutti gli aiuti e le grazie necessarie. Il dono proprio dell’Eucaristia è la carità.

Noi diciamo: vado a fare la Comunione. Andiamo a fare comunione, cioè a unirci a Cristo che è carità e amore, per ricevere da lui la sua carità e il suo amore. E facendo la Comunione noi riceviamo anche un rafforzamento della comunione tra di noi, perché tutti ci cibiamo dell’unico pane, dell’unico Cristo, che, diventando presente in tutti, instaura un legame nuovo e più forte tra tutti noi.

Ero seminarista di teologia nel nostro seminario, e ricordo ancora, a distanza di quarantacinque anni, una parola forte del padre spirituale di allora, don Sergio Buzzatti, santo sacerdote, che molti di voi hanno conosciuto.

Ci disse in una sua istruzione sulla Messa: “Mi raccomando. Il vostro andare a fare la Comunione non sia una pia passeggiata. Uscire dal banco, portavi davanti all’altare, tornare nel banco… non sia una passeggiata! No; voi dovete tornare nel banco e poi uscire di chiesa più buoni, più capaci di volervi bene tra di voi, con più carità. Altrimenti avreste fatto una semplice pia passeggiata!”.

La grazia da domandare ogni volta che facciamo la Comunione è la carità. Possiamo e dobbiamo domandare tante altre grazie, tutte quelle di cui abbiamo bisogno; ma non dobbiamo mai tralasciare di chiedere e di domandare un aumento della carità. Questa è la grazia specifica dell’Eucaristia. Domandiamola, e ci verrà data.

Sosteremo anche stasera due minuti in silenzio dopo la Comunione.

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