21^ domenica dopo Pentecoste

Ricchezza e povertà – dipinto fiammingo – XVII sec.

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(Ef 6,10-17; Mt 18,23-25)

Domenica 17 ottobre, risalente al 21 ottobre 2012

Certo, se si è trattati con misericordia, occorre anche trattare con misericordia; specialmente se la misericordia con cui si è trattati è di molto superiore a quella che siamo chiamati a dare. È il caso dell’uomo della parabola raccontata da Gesù, che, trattato con infinita misericordia (diecimila talenti che gli furono condonati), avrebbe dovuto saper condonare cento denari al suo creditore.

Ma, come lui, anche noi siamo sempre tentati nell’egoismo; pronti a ricevere, e magari anche a pretendere, e avari invece nel dare.

Su questo egoismo, che già ci portiamo dentro, a causa della piega nefasta provocata e inferta nella nostra natura dal peccato originale, preme Satana, il nostro nemico. Egli in un certo senso si diverte, e certamente ce la mette tutta, a soffiare sul nostro egoismo, per tenerlo vivo e per farlo aumentare sempre di più; più che può. Di fronte alla sua azione noi siamo molto deboli e poco attrezzati. Satana è più forte di noi, è più intelligente di noi; ci ha studiati e ci conosce bene; conosce bene come è fatto l’uomo e di che pasta l’uomo è impastato, sa e conosce perfettamente i nostri lati deboli, i lati deboli di ciascuno, e su quei lati deboli egli preme e spinge, opera ed agisce.

San Paolo nella prima lettura ha espresso questo concetto dicendo che “la nostra battaglia non è contro creature fatte di carne e di sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male”.

Se la nostra battaglia fosse contro creature fatte di sangue e di carne, cioè contro uomini, potremmo sperare di uscirne vincitori: combatteremmo ad armi pari; ma essa è contro i Principati e le Potestà, contro gli spiriti del male, cioè contro i demoni, e qui la nostra battaglia è ad armi impari. Siamo più deboli di loro.

Intanto, una cosa che non dovremmo mai dimenticare, è che siamo in battaglia; e che quindi dobbiamo vigilare. Stolto sarebbe quel generale che lasciasse dormire tutto il suo esercito, senza mettere delle sentinelle che sempre abbiano a scrutare e a notare le eventuali mosse dell’esercito nemico. Gesù stesso, raccontando la parabola del grano e della zizzania, dice: “Il contadino ha seminato buon grano nel suo campo, ma mentre tutti dormivano, venne il suo nemico e seminò zizzania in mezzo al grano” (Mt 13,24-25). Mentre tutti dormivano. Non possiamo “dormire”, dobbiamo essere desti e vigilare. “Siate temperanti e vigilate – esorta san Pietro nella sua prima lettera – perché il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare” (1Pt 5,8).

E poi, dicevamo, la nostra battaglia contro gli spiriti del male è condotta da noi ad armi impari. Solo se ci rivestiremo della forza di Dio, dell’armatura di Dio, potremo vincere. Ecco allora l’esortazione di Paolo: “Rivestitevi dell’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo; prendete l’armatura di Dio”.

Il giovane Davide, al momento di affrontare il gigante Golia, provò ad indossare l’armatura di Saul, su suggerimento di Saul stesso, ma quell’armatura non lo avrebbe mai reso capace di vincere Golia, anzi gli era di impaccio, fino ad impedirgli addirittura di muoversi e di camminare. Era un’armatura solo umana. Per cui se ne svestì, ed andò contro Golia con l’armatura di Dio, la sua fede e la sua fiducia nel Signore: “Io vengo contro di te, Golia, nel nome del Signore degli eserciti” (1Sam 17,32-54). E con quell’armatura, fatta solo di una fionda e di cinque ciottoli, ma di tanta confidenza e fiducia nel Signore, Davide sconfisse il gigante Golia.

Paolo ci ha anche descritto i vari elementi dell’armatura di Dio: la ricerca della verità, di ciò che Dio vuole da noi; il ricordare che Dio ci vuole aiutare e salvare; lo sforzo di essere uomini-donne di pace; la fede, per cui ci fidiamo e affidiamo al Signore nel cammino, spesso accidentato, della vita; la speranza della salvezza; il ricorso alla Parola di Dio. Con queste armi, con questa armatura, noi vinceremo Satana e gli spiriti del male.

Due domeniche fa l’apostolo Paolo ci invitava a “rivestirci dell’uomo nuovo”, a rivestirci di Cristo; oggi ci invita a rivestirci dell’armatura di Dio. Due specie di rivestimento che possono sembrare molto diverse e molto lontane tra loro, ma che invece sono molto vicine. Il rivestirci dell’armatura di Dio è necessario per rivestirci di Cristo, perché per rivestirci di Cristo è necessario lottare, combattere, opporci al male che c’è in noi e a Satana che ci spinge al male; e il rivestirci di Cristo, l’essere come lui, somiglianti a lui, è il premio e il coronamento del nostro combattimento rivestiti dell’armatura di Dio. Gettiamoci allora nella lotta, con la fiducia in Dio e nel suo aiuto!

don Giovanni Unterberger

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