Epifania

Peter Paul Rubens – L’adorazione dei Magi – 1608-1609

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(Is 60,1-6 ; Mt 2,1-12)

6 gennaio 2021, risalente al 6 gennaio 2012

Questa pagina biblica, appena ascoltata, è scritta sul libro dei Vangeli, ma è tutta anche dentro di noi.

Essa ci ha parlato di un bambino, il bambino Gesù che è nato: “Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode”. Gesù è nato a Betlemme, ma è nato anche dentro di noi. E’ nato nel nostro cuore; noi gli abbiamo aperto il cuore, ed egli è nato nel nostro cuore. Il nostro cuore sarà stato poco più accogliente della mangiatoia di Betlemme, ma Gesù vi è nato; non ha disdegnato il nostro cuore. Ora egli chiede di crescere, di aumentare la sua presenza in noi, di occupare il nostro cuore per intero, fino a diventarne il Signore incontrastato.

Ma dentro il nostro cuore egli trova Erode. Erode era il re della Palestina; da trent’anni regnava su Israele con un potere duro e crudele; era diventato, negli ultimi tempi, anche sospettoso, perché temeva che qualcuno gli portasse via il trono; aveva fatto uccidere, per questo motivo, due suoi figli. Egli, alla richiesta dei Magi: “Dov’è il re dei Giudei che è nato?” si mise subito in movimento per conoscere il luogo della nascita del bambino, e mandare poi ad ucciderlo. Erode non poteva sopportare che qualcuno gli portasse via il potere; era troppo attaccato al suo potere, al suo regno, al trono, ai suoi agi, alle sue comodità, al suo prestigio, per poter accettare che sorgesse un altro re al posto suo. Egli non aveva capito che il re che era nato non gli avrebbe portato via niente, anzi gli avrebbe dato tutto! Un inno della Liturgia di oggi canta: “Perché temo, Erode, il Signore che viene? Non toglie i regni umani, chi dà il regno dei cieli”.

Qual è il nome del nostro Erode dentro di noi? qual è l’ostacolo, l’impedimento, ciò a cui siamo ancora fortemente attaccati al punto da, non dico perseguitare e uccidere il Gesù nato in noi, ma da non lasciargli spazio, da ostacolarlo, da contendergli il potere? Rinunciamo a tutto ciò che ancora non fosse suo e gli si opponesse; sarà un guadagno, non una perdita; sarà vita, e vita più felice, non morte.

Dentro di noi, poi, ci sono i sacerdoti di Gerusalemme. I sacerdoti di Gerusalemme erano i conoscitori delle Sacre Scritture; alla richiesta di Erode che li consultò circa il luogo della nascita del Messia, essi risposero pronti: “A Betlemme di Giudea”; la loro mano si posò sicura sul rotolo del profeta Michea, ove era contenuta l’antica profezia (Mi 5,1). Quei sacerdoti erano conoscitori delle Sacre Scritture, ma, purtroppo, solo “conoscitori” delle Sacre Scritture, e non “facitori” delle Sacre Scritture. Pur avendo la Parola di Dio in mano, e avendo sotto gli occhi la mappa ispirata che li avrebbe potuti condurre a Betlemme, essi a Betlemme non andarono. Non si mossero da Gerusalemme, distante da Betlemme solo otto chilometri.

Ecco un secondo pericolo per noi che ci potrebbe impedire di incontrare il Gesù nato nel nostro cuore e non permettergli di crescere, di diventare adulto, di diventare il tutto dentro di noi: lasciar cadere e non dare seguito di vita alla Parola del Signore ascoltata, alle buone ispirazioni che egli ci fa nascere in cuore, a qualche buon invito al bene che ci viene offerto da un fratello, da una sorella. San Giacomo nella sua lettera esorta: “Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi” (Gc 1,22). E’ necessario fare, e non solo udire.

Ma dentro di noi ci sono anche i Magi, questi simpatici personaggi di cui non sappiamo niente se non che patirono dall’oriente, che erano pagani, e che cercarono ardentemente Gesù lasciandosi guidare da una stella. Il loro DNA sembra essere stato il desiderio, il desiderio di cercare, il desiderio di trovare; il desiderare ciò che era stato loro indicato, ciò che avevano misteriosamente intuito. E si mossero, da lontano.

E’ stato detto da qualcuno che il valore e la grandezza di una persona sta nel suo desiderio, in ciò che desidera, nella grandezza e nell’intensità del suo desiderio. Ed è vero, è proprio così. Chi desidera si muove; chi desidera si alza e va; chi desidera addirittura corre; chi desidera arriva. Il segreto è “desiderare” e non stare fermi, non cedere all’immobilità e alla pigrizia.

Il bambino nato dentro di noi merita il nostro desiderio; lo merita tutto. Egli è il tesoro, è il bene, il sommo bene, tutto il bene, il grande bene; è la vita eterna, la comunione con Dio, la pace tra gli uomini, il paradiso già qui in terra, e poi per sempre in Cielo. Nulla è più desiderabile d lui, il “desideratus gentium”, il desiderato da tutte le genti, come lo chiama la Liturgia (Antifona O del 22 dicembre). Desideriamo il Signore!

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