24^ domenica dopo Pentecoste

William Turner – Il naufragio – 1805

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(quarta dopo l’Epifania)

(Rm 13, 8-10; Mt 8,23-27)

3 novembre 2013

Non dovette essere, certo, una situazione piacevole…, anzi dovette essere una situazione drammatica e terribile quella degli apostoli in mezzo al lago di Genezareth, sorpresi da una violenta tempesta. I venti soffiavano forte; le onde si alzavano minacciose; nella barca entrava acqua; gli apostoli non riuscivano più ad avere il governo dell’imbarcazione; la vita era in pericolo. Gridarono al Signore: “Signore, salvaci, siamo perduti!”. Nella versione di Marco: “Maestro, non t’importa che moriamo?” (Mc 4,38).

Gesù dormiva nella barca e si svegliò; con un cenno della mano, con una parola, fermò i venti, calmò il lago, e si fece una grande bonaccia. Gesù non poteva permettere che i suoi apostoli andassero a picco in fondo al lago, che andasse a picco in fondo al lago lui stesso, e che morissero annegati lui e i suoi apostoli. Come avrebbe potuto Gesù portare a termine l’opera di salvezza che il Padre gli aveva affidato?

Le guide dei pellegrinaggi in Terra Santa fanno compiere solitamente ai pellegrini la traversata del lago di Genezareth su di un’imbarcazione più grande e più sicura della barca degli apostoli di quel giorno; e hanno modo di far rivivere più da vicino la scena del Vangelo, seppure con le acque del lago tranquille e calme.

L’applicazione dell’episodio evangelico alla nostra vita è ovvia e facile. Anche la nostra vita è una traversata; può essere immaginata come la traversata di un lago, o, forse, più che di un lago, di un mare, di un oceano… e la nostra imbarcazione è piccola, fragile, non molto attrezzata. Abbiamo bisogno di una presenza. Quel giorno gli apostoli avevano Gesù con loro nella loro barca. Sì, dormiva, ma c’era, era con loro; e potè essere svegliato.

Il sentimento più forte che prese gli apostoli in quel frangente fu la paura. Di fatti a loro Gesù disse: “Perché avete paura, uomini di poca fede?”

La paura prende facilmente il cuore dell’uomo. Ci sono venti, alle volte, nella vita delle persone, che soffiano terribilmente forte, e hanno la violenza di un ciclone, di uno tsunami. Rischiano di portare via la pace, la fiducia, la speranza, le forze, ogni energia, e perfino la vita. Non sembra esserci riparo umano da certi venti e da certe paure. E infatti da certi venti e da certe paure non c’è riparo umano, c’è solo il riparo di Gesù presente in noi; c’è solo il riparo della fede.

Ci può cogliere la paura della malattia, della vecchiaia, della morte; la paura per i nostri peccati. Nella Bibbia sono trecentosessantacinque le volte in cui ritorna l’invito a non temere, a non avere paura. Interessante! Trecentosessantacinque volte! Tante quanti sono i giorni dell’anno! È come se ogni giorno Dio ci dicesse: “Oggi non temere, non avere paura, qualsiasi cosa dovesse succederti; oggi abbi fiducia, ci sono io. Ti proteggerò, ti accompagnerò, ti sorreggerò”.

La fede nella presenza del Signore; in un Dio che ci è padre, che ci è sempre vicino, che si prende cura di noi; in un Dio che ci ama, che è andato in croce per noi, e che ci ha detto: “Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20), ci deve dare pace, tranquillità e sicurezza.

Siamo in mani buone, in mani che sanno fare, in mani capaci di volgere tutto al bene per il nostro destino. Non siamo mai soli, neanche un istante, neanche un momento, in nessun giorno. La nostra fede deve essere forte. È questione di fede.

La presenza del Dio che cammina con noi non ci mette al riparo da ogni dolore. Dietrich Bonhoeffer dice: “Dio non ci salva dalla sofferenza, ma è con noi nella sofferenza; non ci protegge dal dolore, ma ci protegge nel dolore; non ci mette al riparo dalla croce, ma sale con noi sulla nostra croce”. Così ha fatto Dio Padre anche con suo Figlio.

Alle volte ci sembra che Dio sia assente, che non voglia ascoltarci, che si sia dimenticato di noi. «Sion ha detto:‘Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato’», leggiamo nel libro del profeta Isaia. E il Signore le risponde. “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49,14-15). Dio non si dimentica di noi.

Sant’Agostino, commentando il nostro brano di Vangelo, e in particolare il sonno di Gesù che dormiva nella barca e gli apostoli che lo svegliarono, dice: “Cristo dorme nel tuo cuore? E’ perché l’hai dimenticato. Risveglia la tua fede, e risveglierai Cristo in te”. Con la fede noi risvegliamo Cristo; con la nostra fede noi recuperiamo la certezza che egli è con noi, nella barca, anche se sgangherata, della nostra vita; e che essendo con noi non ci lascerà andare a picco. E ci difenderà da ogni paura.

Perché avete paura, uomini di poca fede?” – “Signore, aumenta la nostra fede!” (Lc 17,5)

don Giovanni Unterberger

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