32° Domenica del Tempo ordinario 2017 (forma ordinaria)

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(Sap 6,12-16;   1Ts 4,13-18;   Mt 25,1-13)

Duomo di Belluno, sabato 11 novembre 2017

 

Saggezza e stoltezza a confronto. E’ un tema, questo, molto presente nella Sacra Scrittura, in particolare nei libri detti ‘sapienziali’, il libro dei Proverbi, del Siracide e della Sapienza. L’uomo saggio è fortemente elogiato, l’uomo stolto è fortemente biasimato. ‘Saggio’ -dicono quei libri- è l’uomo che osserva i comandamenti di Dio, che si nutre della Parola del Signore; che fa del Signore il riferimento della propria vita e non pone nei beni del mondo il suo cuore. ‘Saggio’ è l’uomo che rispetta il fratello e non si serve del prossimo per il proprio tornaconto. ‘Stolto’ invece è l’uomo che si fa forte di se stesso, che agisce pensando che Dio non veda, non senta, non abbia a giudicare; ‘stolto’ è l’uomo che non pensa alla fine della vita e vive la vita in modo disimpegnato e senza profondità. Egli, pur richiamato, disdegna ogni sana critica e ogni giusta correzione.

Gesù, nella parabola che abbiamo ora ascoltato, riprende e si rifà al filone ‘sapienziale’ dei libri dell’Antico Testamento, e mette in campo ‘saggezza’ e ‘stoltezza’: “Il regno dei cieli -egli dice- sarà simile a dieci vergini; cinque di esse erano stolte e cinque sagge”.

Gesù ambienta il suo insegnamento in una cornice famigliare ai suoi ascoltatori, e particolarmente festosa, in una cornice di nozze, così come allora venivano celebrate. C’è lo sposo che sta avviandosi verso la casa della sposa per prenderla con sé e portarla alla festa di nozze. Alla sposa non è consentito andare incontro allo sposo, ma alla porta della casa della sposa c’è un gruppo di ragazze, sue amiche, che lo accolgono e che entrano con lui in casa della sposa, per poi scortare la coppia nuziale fino al luogo della festa e festeggiare con lei.

Gesù pone la scena di notte, per cui le dieci ragazze devono tenere accese le loro lampade per dare lustro e festosità al corteo nuziale. Lo sposo tarda a venire; quando arriva, cinque delle ragzze hanno esaurito l’olio della loro lampada e sono al buio; devono andare dai rivenditori ad acquistarne; e mentre sono dai rivenditori, lo sposo arriva e la porta della sala di nozze viene chiusa. Vi entrano solo le ragazze che avevano provveduto a portare con sé una riserva di olio sufficiente. Alle cinque ragazze, stolte, che poi bussano e chiedono di essere ammesse alla festa, lo sposo risponde severo: “In verità non vi conosco”, e la porta per loro resta chiusa.

Gesù con questa parabola intendeva richiamare e invitare alla vigilanza. Lo sposo della parabola è lui stesso; lui che verrà ad incontrare ogni persona. L’incontro grande, importante e definitivo, quello che deciderà per sempre del nostro destino eterno, sarà quello che avverrà con lui alla fine della vita. Il Signore verrà; noi saremo pronti? avremo olio nella nostra lampada? L’olio è la fede; l’olio sono le buone opere; l’olio è la carità. E’ decisivo avere quest’olio, perché la porta della festa di nozze, cioè del paradiso, potrebbe restarci chiusa; potrebbe accadere che ne restiamo esclusi, perduti per sempre. L’inferno è una reale possibilità, un reale pericolo per l’uomo.

E ciascun uomo ha un suo preciso e personale sforzo da compiere per essere salvo. Nel particolare della parabola in cui si dice che le cinque vergini sagge non fecero parte del loro olio con le vergini stolte, non è da vedere un atto di egoismo da parte loro, ma piuttosto un insegnamento preciso: nessun uomo può sostituirsi a un altro uomo nel ‘sì’ da dire a Dio.  Ognuno è chiamato a dirlo in prima persona. Nessuno viene salvato ‘per procura’. Tutti, sì, possiamo aiutarci, ma c’è un qualcosa che non può essere messo se non da ciascuno per la propria salvezza.

‘Saggezza’ e ‘stoltezza’: l’una a confronto con l’altra. Siate saggi -ci dice Gesù- preparatevi bene, vivete bene, e il nostro incontro alla fine della vita sarà per una ‘festa di nozze’, per una gioia senza fine in paradiso.

don Giovanni Unterberger

 

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