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(At 1,1-11; Ebr 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53)
Duomo di Belluno, 2 giugno 2019
La sera dell’Ultima cena gli apostoli rimasero molto turbati quando Gesù disse loro: “Ancora un poco e non mi vedrete, perché vado al Padre” (Gv 16,16-18), avvertendoli della sua morte imminente. ‘Gesù ci lascia soli’, si saranno detti; e si saranno sentiti smarriti, perduti; privati del loro amico, del loro Maestro, della loro sicurezza. Gioirono poi grandemente, di lì a tre giorni, quando lo videro di nuovo vivo, risorto; allora lo avevano di nuovo con loro! allora non li aveva lasciati, non li aveva abbandonati!
Ma dopo quaranta giorni un secondo colpo, più forte: una nube avvolse Gesù tutt’intorno e lo portò in alto fino a farlo scomparire ai loro occhi, così che non lo videro più, non lo udirono più, non lo avrebbero più avuto al loro fianco come prima.
Ma nel cenacolo Gesù aveva detto: “E’ bene per voi che io me ne vada, perché allora vi manderò lo Spirito Santo” (Gv 16,7); e anzi aveva aggiunto: “Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre” (Gv 14,28). Quelle parole erano una sfida alla fede degli apostoli, così come sono una sfida alla nostra fede: come pensare che sia meglio che Gesù sia salito al cielo, anziché essere rimasto fisicamente, ancora oggi, sulla terra tra noi, incontrabile come allora?
E’ un’osservazione quasi banale quella che ora faccio: immaginiamo che Gesù fosse ancora sulla terra, presente in qualche luogo come lo era in Palestina; infinita gente -milioni di persone- vorrebbe andare da lui, vorrebbe vederlo, toccarlo, presentargli il proprio problema, mettergli davanti i propri ammalati. Milioni di persone…, file interminabili… tempi d’attesa estenuanti…, spese in albergo in vista del proprio turno…; e certamente non si riuscirebbe ad avvicinarlo più di qualche volta in vita…
“E’ meglio per voi che io me ne vada. Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20), ha promesso Gesù. Che sia vero? Sì, è vero. Non solo perché ce lo dice la Parola di Dio, che è infallibile, ma perché ce lo dice anche la nostra esperienza. L’abbiamo noi stessi più volte avvertito: Gesù è vivo; Gesù è presente; Gesù è accanto al credente.
Il cuore dell’uomo quando lo cerca, quando lo desidera, quando lo prega, quando lo serve nei fratelli poveri e bisognosi, avverte il Signore, sente che egli c’è, sente che gli è accanto. E avverte un senso di gioia, di serenità, di fiducia, di pace che è del tutto particolare, che è soprannaturale, divina.
E questa Presenza può essere di ogni momento -ed è di ogni momento(!)- se noi la crediamo, se noi la custodiamo, se noi cerchiamo di essere, noi, presenti a quella Presenza. E non è necessario andare in nessun luogo particolare e speciale per godere la presenza del Signore; è essa stessa a venirci incontro e a raggiungerci là ove siamo. “Alle spalle e di fronte tu mi circondi -dice il salmo- dove andare lontano dal tuo spirito, Signore, dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra” (Sal 139,5-10).
Il Signore è presente. L’Ascensione non ce l’ha portato via; ci ha permesso invece di sperimentarlo in ogni momento, in ogni circostanza, e in ogni luogo in cui viviamo.
Stiamo attendendo la Pentecoste; lo Spirito Santo è colui che ci rende presente Gesù, e colui che ravviva la fede nel cuore del credente, così che il credente sia presente alla Presenza. Di fede si tratta. Abbiamo bisogno di fede! Abbiamo bisogno di Spirito Santo!
don Giovanni Unterberger