Solennità di Cristo re (forma ordinaria)

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(2Sam 5,1-3;   Col 1,12-20;   Lc 23,35-43)

Duomo di Belluno, 24 novembre 2019

La festa dell’intronizzazione di un re è segnata da grande concorso di popolo; molta gente si raduna.

Gesù fu messo in croce la vigilia di una pasqua, festa che vedeva accorrere a Gerusalemme un gran numero di pellegrini: la città, che normalmente contava 25.000 abitanti, in occasione della pasqua -ipotizzano gli storici- triplicava, e oltre, le presenze, fino a toccare le 100.000. Centomila persone all’intronizzazione di Cristo-re sulla croce! anche se non riunite intenzionalmente per questo.

Ma era davvero un re quello appeso alla croce? Nessuno l’avrebbe detto; piuttosto lo avrebbero pensato un malfattore che aveva compiuto qualcosa di grave. Eppure sopra la sua testa era affisso un cartello che lo diceva ‘re’: “Gesù nazareno, re dei Giudei”; e quel cartello era scritto in ebraico, in latino e in greco, le lingue del mondo allora conosciuto, come a proclamazione di una regalità universale (cfr Gv 19,19-20). Certamente, nell’intenzione comune, re da burla; così lo avevano trattato anche i soldati nel pretorio di Pilato, quando, irridendolo, gli avevano messo addosso un mantello scarlatto, in capo una corona di spine, e in mano una canna per scettro, e piegando il ginocchio davanti a lui, lo salutavano: “Salve, re dei Giudei!” (cfr Mt 27,27-29).

Eppure quel Crocefisso era davvero un re! Era l’immagine del Re supremo, “immagine del Dio invisibile”, ci ha detto san Paolo nella seconda lettura; manifestazione concreta e fisica del Dio che non si vede; di Dio disposto a dare la vita per noi. Dio è immortale, non può morire; ma se lo potesse, morirebbe per noi, per la salvezza dei suoi sudditi. Infatti, proprio per dirci questo, egli, nella persona del Figlio, si è incarnato e ha preso un corpo messo a morte.

Tale è l’amore di questo re, che è il principio e l’origine di tutte le cose. “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui -rivela san Paolo- e tutte in lui sussistono”. Nulla esiste senza Cristo, nulla persevera nell’essere senza di lui. Cristo è la trama, il supporto, la consistenza di ogni realtà. E’ una regalità, la sua, che non si applica dall’esterno, come le regalità umane, ma che è la consistenza di tutto ‘dall’interno’ delle cose, per cui tutto gli appartiene, tutto è suo, tutto è sotto il suo dominio.

“Egli è anche il capo del corpo che è la Chiesa”, continua l’apostolo. Tutto ciò che la Chiesa è, tutto ciò che la Chiesa di bene, di vero, di santo e di salvifico possiede, è di Cristo, proviene da lui, ed  è dono suo. E’ lui, Cristo, la vita della Chiesa; vita che egli, quale capo e re, continuamente le comunica. Alla Chiesa il compito di rimanere aperta e soggetta al suo capo, al suo re.

Il regno di Cristo non è di questo mondo: Gesù lo affermò decisamente davanti a Pilato (cfr Gv 18,36); il suo regno è il regno dei cieli; e di quel regno egli possiede le chiavi. Con la sua morte in croce ne aprì e spalancò le porte; e in esso volle entrare non da solo, ma in compagnia di un peccatore. “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”, gli disse il ladrone; e Gesù a lui: “Oggi con me sarai in paradiso”. Re di misericordia, di grazia e di perdono è Gesù; venuto a redimere il mondo e disceso dal cielo per popolare il suo regno di peccatori, peccatori pentiti, uomini che altrimenti sarebbero andati perduti.

Le molte persone presenti a Gerusalemme per la pasqua in cui Gesù fu crocifisso non riconobbero di certo in lui il re del mondo e il loro re; molte di esse non si saranno nemmeno accorte di quanto accadeva; ma noi, raggiunti dal Vangelo, conosciamo la buona notizia; a noi la risposta. Regnerà il Signore su di noi?

don Giovanni Unterberger

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