14^ domenica del tempo Ordinario (forma ordinaria)

Michelangelo Buonarroti – Creazione di Adamo (dettaglio) – 1511

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(Zac 9,9-10;   Rm 8,9.11-13;   Mt 11,25-30)

Duomo di Belluno, 5 luglio 2020

C’è un regalo che ci vuole essere fatto; un regalo grande, straordinario e preziosissimo. Abbiamo ricevuto molti regali nella nostra vita, da parte di molte persone; regali di vario genere. Ogni regalo ci ha allietati, ci ha resi felici, contenti. Il loro effetto buono è durato per un certo tempo, ha avuto un qualche influsso sulla nostra vita, e li ricordiamo volentieri, con riconoscenza verso chi ce li ha voluti fare. Nessuno di essi, tuttavia, è stato risolutivo del tutto del nostro esistere, del nostro vivere e del nostro destino.

C’è un regalo che li supera tutti, quello che vuole farci Gesù: “Nessuno conosce il Figlio      -egli ci ha detto nel Vangelo- se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”. C’è una ‘rivelazione’ che ci vuole essere fatta, la rivelazione di un ‘conoscere’, e di un conoscere speciale che è più di un semplice conoscere.

Il verbo ‘conoscere’ che Gesù usa nel dire: “Nessuno conosce il Figlio, nessuno conosce il Padre” non indica semplicemente un conoscere intellettuale fatto di idee soltanto; è il conoscere biblico, quello che Gesù intende, cioè un conoscere che è ‘esperienza’, che consiste e comporta ‘intimità’, ‘comunione di vita’, con la realtà conosciuta. Dicendo: “Nessuno conosce il Figlio e nessuno conosce il Padre”, Gesù vuole dire: nessuno è capace di fare esperienza e di entrare in comunione intima col Figlio e col Padre fino a comunicare e a partecipare della loro stessa vita; nessuno ne ha le forze. Perché ciò possa succedere è necessaria una ‘rivelazione’, cioè una comunicazione, un dono da parte del Figlio e del Padre. E tale dono il Figlio e il Padre lo vogliono fare; è ciò che essi vogliono fare.

Per noi tale dono è difficile da capire, perché non è qualcosa di materiale, è altamente spirituale; ma è sperimentabile; molte anime buone lo hanno sperimentato; e probabilmente l’abbiamo sperimentato talvolta, almeno in qualche misura, anche noi. Può aiutarci a capire qualche esempio. Il bene più grande per un albero è rimanere attaccato alle sue radici; per un fiume rimanere in comunicazione con la sorgente; per un feto in grembo alla madre restare unito a quel grembo. Il Figlio, il Padre, Dio, sono le nostre radici, sono il nostro grembo, la sorgente del nostro essere e del nostro vivere; tutto proviene e deriva da loro. Rimanere in contatto con Dio, nostra radice, nostro grembo e nostra sorgente è il nostro bene; conoscere il Figlio e il Padre in questo senso è per noi ‘vita’, e ‘vita eterna’. Gesù nel Vangelo di Giovanni afferma: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, Padre, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17,3).

Ecco il dono, il regalo, che Gesù vuole farci: tenerci in comunione con sé e con il Padre. A tale dono noi dobbiamo disporci. Il nostro desiderio deve essere rivolto ad esso, dobbiamo desiderare quel dono, che è il dono dei doni!

E’ significativo che Gesù aggiunga, subito dopo aver parlato di questo dono: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”. Forse che proprio in quel dono, proprio in quel conoscere e in quella comunione con Gesù e con il Padre, stia il nostro vero ristoro? In effetti, chi potrebbe ristorarci da certe fatiche, da certe preoccupazioni, da certi dolori se non il Signore? chi, dal peso e dal rimorso dei nostri peccati, se non la sua infinita misericordia? chi dall’amarezza e dal buio della morte, se non la sua promessa certa di risurrezione e di vita?

“Venite a me.., venite a me… -egli ci esorta e ci invita- io vi darò ristoro”. Andiamo a lui; egli ha un grande regalo da farci. Ce ne priveremo? o, anche soltanto, lo differiremo? Non abbiamo forse bisogno di ristoro?

don Giovanni Unterberger

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