23^ domenica del Tempo ordinario (forma ordinaria)

Jean-François Millet – L’Angelus – 1858

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(Ez 33,7-9;  Rm 13,8-10;  Mt 18,15-20)

Duomo di Belluno, 6 settembre 2020

Catechesi breve ma importante sulla comunità cristiana, questo Vangelo. Le ultime parole del brano ci svelano la sua essenza, la sua qualità; ci hanno detto: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. Sono molte le comunità, le assemblee, le riunioni che si costituiscono, si formano e si svolgono, a seconda dei fini e degli obiettivi che si propongono; e tali fini e obiettivi le caratterizzano: possono essere fini culturali, politici, sportivi, o altro.

La comunità cristiana è differente da tutte queste comunità perché si riunisce nel nome di Gesù (il nome sta per la persona); si riunisce, cioè, nella persona di Cristo, attorno a Cristo, aderendo a Cristo. “A questa comunità radunata nel suo nome -scrive Ortensio da Spinetoli- Gesù promette una particolare presenza. All’orientamento comune dei fedeli verso Cristo risponde da parte di Gesù un movimento verso i fedeli. Egli viene, si trattiene in mezzo ad essi, diventa uno della comunità e la comunità una propaggine della sua persona. Dove sono le membra ivi è anche il capo, direbbe san Paolo; dov’è il gregge, qui è il pastore”.

Abbiamo noi questa fede che se ci riuniamo in preghiera in due, non siamo in due ma in tre; se ci raduniamo in cinque, non siamo in cinque ma in sei? Pensiamo mai a Gesù presente, spiritualmente vivo tra noi nelle nostre assemblee liturgiche già prima del momento della Consacrazione, in cui egli si fa presente col suo Corpo e col suo Sangue? Una famiglia che si raccoglieva di tanto in tanto per leggere e meditare sulla Bibbia -mi è stato riferito- lasciava una sedia vuota tra le sedie dei componenti della famiglia, per ricordare questa verità, che Gesù in persona era lì con loro. Ravviviamo questa fede!

Comprendiamo allora le altre parole  del brano evangelico: “In verità vi dico: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà”. La comunità cristiana riunita in preghiera ha Cristo presente in sé che prega con lei, e nella misura che i membri della comunità sono rivolti a Cristo, aderiscono a lui e pregano con la preghiera che Gesù farebbe, fa una preghiera che il Padre non può non ascoltare e non esaudire, perché è la preghiera di suo Figlio. Ma occorre immedesimarsi in Gesù, ascoltare lui, chiedersi: ‘Che cosa chiederebbe Gesù in questa preghiera?’, per non rimanere chiusi e prigionieri delle proprie personali intenzioni, spesso limitate, egoistiche e interessate; ma aprirsi a ciò che il Padre desidera veramente sentirsi chiedere, per il nostro bene vero.

La comunità cristiana, poi, non è fatta di perfetti, può accadere che qualcuno dei suoi membri commetta degli errori; allora tutta la comunità deve mobilitarsi per ricuperare il fratello: prima un singolo membro, poi alcuni membri insieme, poi la comunità intera: “Se il tuo fratello commette una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se non ti ascolterà prendi con te due o tre persone, se poi non ascolterà costoro, dillo all’assemblea”. Il fine dell’operazione -dice Gesù- è ‘guadagnare’ il fratello, cioè riportarlo sulla retta via.

La comunità cristiana ha grande sollecitudine per ogni fratello che sbaglia; sa quanto sia importante rimanere fedeli al Signore in vista dell’eterna salvezza, e non vorrebbe mai che alcuno andasse perduto per sempre. Prova pertanto una grande affezione al destino di quel fratello, e anzi -dice don Giussani- “è legge della comunità cristiana l’amore al destino eterno dell’altro; è la forma di carità più vera e più grande”. C’è, infatti, una carità materiale che si prende cura delle necessità materiali del prossimo, e c’è una carità spirituale, tanto importante, che si prende cura della salvezza eterna dei fratelli. Cresca in noi questo tipo di carità, che potrà suggerirci di richiamare e anche ammonire, qualora possibile, il fratello che ha sbagliato, e ci sprona a pregare per lui, cosa che possiamo sempre fare.

La comunità di Gesù è una comunità particolare; non è una comunità senza lui; è una comunità che ottiene dal Padre quanto chiede, e una comunità che vuole la salvezza di tutti. Ringraziamo il Signore di averci chiamati in questa comunità.

don Giovanni Unterberger

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