15^ Domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

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(Gal 5,25-26;   Lc 7,11-16)

                                                           Belluno, chiesa di S. Pietro, 13 settembre 2020

“Dio ha visitato il suo popolo”. Immaginiamo lo stupore, la gioia e l’entusiasmo con cui la gente del piccolo villaggio di Naim, nella piana di Galilea, avrà gridato quel giorno:“Dio ha visitato il suo popolo”, dopo aver visto ciò che aveva visto; dopo aver visto un ragazzo morto mettersi a sedere, vivo, sulla portantina con cui era condotto alla sepoltura, e venir ridonato a sua madre! Dio aveva visitato il suo popolo! Le visite del Signore portano sempre vita, portano salvezza.

Dio visitò Abramo e Sara e promise loro un figlio, benché fossero ormai fuori età per generare (cfr Gn 18,1-15); Gesù entrò in casa di Pietro e guarì la suocera dalla febbre; visita di grazia (cfr Mc 1,29-31); entrò in Gerico e vi guarì il cieco (cfr Mc 10,46-52); fece visita alla casa di Zaccheo e lo convertì (cfr Lc 19,1-10). Il Signore, quando visita, porta salvezza.

Una delle strofe dell’Inno ‘Jesu dulcis memoria’ recita: “Quando cor nostrum visitas, tunc lucet ei veritas, mundi vilescit vanitas, et intus fervet caritas” : ‘Quando tu, o Signore, fai visita al nostro cuore, in noi brilla la verità, perde valore la vanità del mondo e in noi arde la carità’. E’ proprio così: brilla in noi la verità. Nel buio dei nostri pensieri, nei dubbi e nelle incertezze delle nostre scelte, nelle tenebre dei nostri peccati e delle nostre passioni disordinate, la presenza del Signore porta verità, porta luce, smaschera l’errore, rende visibile la retta via. La visita e la presenza del Signore fanno perdere valore alle realtà mondane che vorrebbero proporsi quali realtà totalizzanti e definitive; le fa apparire nel loro limite, nella loro pochezza, nella loro sostanziale vanità. E fa sì, la visita del Signore, che in noi arda la carità.

Cosa consolante: Dio vuole visitarci. Quando si vuole bene a una persona si desidera andarla a trovare, qualcosa dentro spinge a farle visita. Così è il Signore: qualcosa dentro lo spinge verso di noi, a venirci a visitare. E la sua visita è di sempre, di ogni momento. E’ come il sole; il sole brilla di continuo, in tutte le ore del giorno; non occorre farlo brillare, brilla di suo; a noi sta solo esporci al sole, aprire le finestre di casa perché possa entrare, illuminare e riscaldare. Così il Signore: ci avvolge da tutte le parti, è di continuo alla porta del cuore e bussa; chiede: ‘Si può? è permesso?’ Beato quel cuore che non è pieno di troppe cose, che non è sordo a quella voce perché assordato da tante altre voci; beato il cuore che desidera essere visitato da Dio, che si convince sempre più che la visita del Signore è il suo più grande guadagno; e alle visite del Signore si dispone, si apre, si spalanca, con pause di silenzio, con tempi dedicati a Dio. Beato quel cuore! avrà  doni inaspettati.

Nel Vangelo di Luca è riportato un episodio che fa molto pensare: “Gesù, alla vista di Gerusalemme -dice l’evangelista- pianse su di essa, dicendo: Giorni verranno in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (Lc 19,41-44). Gesù ha pianto su Gerusalemme, si era sentito rifiutato, non accolto nella sua visita. Il suo pianto non fu tanto per sé, per il dolore che la chiusura di Gerusalemme nei suoi confronti gli provocava, quanto piuttosto per la distruzione che si sarebbe abbattuta sulla città a causa di quel rifiuto. Gesù ad ogni nostro ‘no’ alle sue visite, dovuto anche solo a indisponibilità, superficialità e distrazione -e non a rifiuto cosciente e cattivo- soffre e piange. Piange per il bene di cui ci priviamo, che potrebbe farci crescere e farci santi, e per il pericolo spirituale a cui, senza la sua presenza, ci esponiamo, continuamente assaliti come siamo e dalla nostra debolezza interiore e dalle arti del Maligno.

Nella piana di Naim quel giorno si sentì gridare da una folla entusiasta: “Dio ha visitato il suo popolo!”; che lo possiamo gridare anche noi, riconoscenti perché resi più ricchi, dopo ogni visita del Signore accolta nella nostra anima.

don Giovanni Unterberger

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