26^ domenica del Tempo ordinario (forma ordinaria)

Caravaggio – Narciso – 1597-1599

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(Ez 18,25-28;   Fil 2,1-11;   Mt 21,28-32)

Duomo di Belluno, 27 settembre 2020

I due fratelli della parabola, quello del ‘sì’ che però fu ‘no’, e quello del ‘no’ che poi fu ‘sì’, non sono lontani da noi, sono dentro di noi; siamo noi stessi, che talvolta, anzi continuamente, siamo ‘sì’ e ‘no’. Quanti propositi fatti e non mantenuti! Quante volte abbiamo detto ‘sì’ e poi fatto ‘no’, e quante altre volte, rientrati in noi stessi e aiutati dalla grazia di Dio, siamo ritornati al ‘sì’! Non è la stabilità la nostra caratteristica, la nostra cifra, ma piuttosto la volubilità. Solo Dio è roccia che non muta. E’ da aggrapparsi a lui.

La parabola di Gesù ci spinge a riflettere su di una dimensione importante che ci costituisce come persone, la libertà. Siamo persone libere e non costrette, capaci di ‘sì’ e di ‘no’. Possediamo una mente, una ragione, in grado di pensare e di progettare; possediamo una volontà, in grado di decidere e di volere; e delle forze fisiche , in grado di realizzare quanto pensato e deciso; ma tutto ciò è affidato alla libertà, alle scelte che si vogliono fare. Da Dio viene il ‘dono’ della libertà; nelle mani dell’uomo sta l’‘uso’ della libertà. E sull’uso saremo giudicati.

La libertà è in gioco ogni momento; in ogni istante siamo chiamati a scegliere ‘cosa’ fare o non fare, e a ‘come’ fare le cose. Forse poco pensiamo a ciò, e ci lasciamo portare dal flusso solito e monotono della vita, o dall’istinto, abdicando in un certo senso all’uso vigile, cosciente e consapevole della libertà. La capacità di usare bene la libertà è molto debole nell’uomo; ci fa tanto pensare la pagina della lettera ai Romani di san Paolo, ove l’apostolo dice: “desidero il bene e faccio il male; acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma cado nel peccato” (Rm 7,14-25).

Col figlio della parabola che al padre dice ‘sì’, ma poi non fa, Gesù vuole richiamarci ad essere seri nella vita, a non prenderla alla leggera; in particolare ad essere veri e responsabili nel rapporto con Dio. “Non ci si può prendere gioco di Dio”, dice san Paolo nella lettera ai Galati, ed usa un verbo particolare, mykterìzo, che alla lettera significa ‘prendere in giro’, ‘farsi beffa di qualcuno’. Nessuno di noi vuole prendere in giro il Signore e farsi beffa di lui, ma -al di là dell’intenzione, che certamente non è questa- certi nostri propositi all’acqua di rose, fatti alla leggera e con superficialità, senza vero impegno, un po’ vi si avvicinano. Ci dia il Signore, e chiediamoglielo fortemente, la grazia e la forza di usare bene della libertà, e che i ‘sì’ che gli diciamo e gli promettiamo siano e restino veri ‘sì’, sull’esempio di Gesù che “non fu ‘sì’ e ‘no’, ma in lui vi fu solo il ‘sì’”, dice san Paolo (2Cor 1,19).

Con l’altro figlio della parabola Gesù ci viene in aiuto e in soccorso. Quel figlio disse ‘no’ al padre, ma poi fece ‘sì’; ciò ci apre ad un futuro di conversione possibile. Fossimo anche pubblicani, cioè pubblici peccatori, e prostitute, possiamo sempre sperare, sempre ravvederci, e sempre tornare nella vigna del Signore. Le bracca di Dio sono sempre aperte ad accoglierci. Abbiamo fiducia! Il santo papa Paolo VI scrisse: “Possiamo pensare che ogni nostro peccato o fuga da Dio accenda in lui una fiamma di più intenso amore, un desiderio di riaverci e reinserirci nel suo piano di salvezza. Dio in Cristo si rivela infinitamente buono. Dio è buono, e non soltanto in se stesso, ma buono per noi. Egli ci ama, cerca, pensa, conosce, ispira e aspetta. Egli sarà felice quel giorno in cui noi ci volgiamo indietro e diciamo: ‘Signore, nella tua bontà, perdonami’. Il nostro pentimento diventerà la gioia di Dio”. Possiamo, con la sua grazia, ad ogni istante cambiare i nostri ‘no’ in ‘sì’ e tornare a Dio.

Usiamo bene della libertà, per obbedire al Signore, e -dopo ogni disobbedienza- per tornargli obbedienti.

don Giovanni Unterberger

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