6^ domenica dopo Pentecoste

Jacopo Tintoretto – Il miracolo dei pani e dei pesci -1578-81

clicca QUI per scaricare l’omelia

(Rm 6,3-11;   Mc 8,1-9)

Domenica 4 luglio 2021, risalente al 30 giugno 2013

“Sento compassione di questa folla che non ha da mangiare”, disse Gesù; e quel giorno moltiplicò sette pani e pochi pesci facendoli bastare per quattromila persone. Fu grande la compassione e la tenerezza di Gesù quel giorno, segno della tenerezza di Dio che si prende cura  delle sue creature. In mille modi il Signore si prende cura di noi e non ci trascura; provvede con una Provvidenza che è generosa, attenta e buona.

Ma la tenerezza di Dio non si prende cura e non si riversa solo su questa nostra vita terrena, essa si prende cura e si riversa ancor più sulla nostra vita spirituale, sul nostro destino eterno, su ciò che interessa la nostra vita più vera, quella che è per sempre.

Noi cadiamo facilmente in un difetto, quello di non dare sufficiente importanza, attenzione e cura alla vita della nostra anima. Mangiamo ogni giorno, e fin che ci è necessario, ma forse non preghiamo ogni giorno fin che ci è necessario; facciamo bene attenzione a non cibarci di cibi scaduti e avariati, ma forse non abbiamo altrettanta attenzione a non lasciare entrare in noi, nel nostro modo di pensare e di agire, nel nostro stile di vita, lo spirito del mondo; ci laviamo e ci teniamo puliti nel corpo, ma forse non ricorriamo sufficientemente al Sacramento della Confessione che ci ripulisce nell’anima. E’ importante, invece, curare la nostra vita spirituale; è tanto importante! “La tua grazia, Signore, vale più della vita”, dice un salmo (Sal 63,4); e Gesù dice: “Che giova all’uomo guadagnare anche tutto il mondo, se poi perdesse la sua anima?” (Mt 16, 26). Dio si prende cura della nostra anima, e se ne prende cura molto. Egli ci ha uniti a sé, per farci salvi.

Ecco allora la pagina, pagina straordinaria, che san Paolo ci ha offerto nella prima lettura che abbiamo ascoltato. Paolo ci ha detto una cosa grandissima: che siamo stati uniti a Cristo. Il Padre nostro celeste ci ha tanto amati e si è preso tanta cura di noi e della nostra salvezza, fino al punto che, peccatori quali eravamo, perduti e smarriti quali eravamo, caduti nell’infelicità eterna quali eravamo per le nostre colpe, ci ha raccolti, ci ha presi, ci ha recuperati, e ci ha uniti al suo Figlio Gesù, il salvatore, la salvezza.

Dice san Paolo: “Siamo stati battezzati, immersi, uniti alla morte di Cristo”. Cristo morendo ha vinto il peccato, lo ha distrutto. Il suo atto di obbedienza al Padre, vissuto nel dono di sé nella morte di croce, è stato un atto di obbedienza così grande, così totale, così assoluto, che tutti i nostri atti di disobbedienza, i nostri peccati, gettati in quell’atto supremo e assoluto di obbedienza, vengono dissolti, disintegrati, distrutti. Battezzati e immersi in Cristo, nella sua morte, noi veniamo liberati dai nostri peccati; i nostri peccati vengono messi a morte.

E noi, continua san Paolo, siamo stati anche battezzati, cioè immersi, uniti alla risurrezione di Cristo, cioè alla vita nuova, santa, divina, da risorto, di Cristo. La vita del Cristo risorto è stata trasmessa a noi, è stata immessa in noi, è entrata a pervadere la nostra vita; per cui noi possiamo dire con san Paolo: “Non sono più che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). La sua vita è dentro di me, può dire ciascuno di noi; ed allora sono salvo.

La vita di Cristo in noi è la somma ricchezza, è il bene supremo, il tesoro più tesoro di ogni altro tesoro al mondo, più prezioso di qualsiasi altro bene, più della stessa salute e più della stessa vita di quaggiù; perché la vita di Cristo in noi è la salvezza, è la comunione con Dio, è la felicità eterna, è l’ingresso in paradiso, è il pegno e l’anticipo del paradiso. Persa questa vita di Cristo in noi avremmo perso tutto; avessimo pur anche guadagnato il mondo intero, avessimo anche affermato noi stessi nel modo e nella misura umanamente più alta, avremmo perso tutto, avremmo perso noi stessi; saremmo dei perduti.

“Abbi cura di te!”, andava predicando per le piazze d’Italia nel 1400 il beato Bernardino da Feltre; “abbi cura di te, o uomo! non trascurare te stesso, no trascurare ciò che di te è importante; non trascurarlo! abbi cura di te!”

Abbiamo cura di noi, abbiamo cura di Cristo in noi. Dio ha avuto, ed ha, cura di noi; abbiamola anche noi di noi stessi. Per essere salvi.

Don Giovanni Unterberger

Questa voce è stata pubblicata in Omelie di Don Giovanni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.