27^ domenica del tempo Ordinario

Rene Magritte – L impero delle luci – 1950

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(Gn 2,18-24; Ebr 2,9-11; Mc 10,2-16)  Anno B

Sabato 2 ottobre 2021, risalente al 6 ottobre 2012

Lampada ai miei passi, Signore, è la tua parola – dice un salmo -, luce sul mio cammino” (Sal 119,105); e un altro salmo dice: “Vedi, Signore, se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita” (Sal 139,24).

Abbiamo bisogno di una lampada, di una luce, per non cadere in una via di menzogna, e per camminare sulla via della verità e della vita. Abbiamo bisogno della luce di Dio. Facilmente la ragione e il pensiero dell’uomo si annebbiano e si perdono davanti alla verità, specialmente quando la verità si fa ardua ed esigente.

Così è per quanto riguarda la realtà del matrimonio. Quanti pensieri diversi dal pensiero di Gesù oggi tra la gente a questo riguardo! Pensieri che si appoggiano su leggi che non tutelano il matrimonio nella sua integrità e dignità, e che premono sul potere legislativo per strappi ancora maggiori e più profondi; il Vangelo di oggi è lampada e luce in questa materia, a riguardo di questa realtà.

Ho detto “il vangelo di oggi”. Ma davvero può essere chiamato “Vangelo”, cioè “buona notizia”, quanto dice Gesù, che indica e afferma l’indissolubilità del matrimonio? È una “buona notizia” per l’uomo e per la donna sentirsi dire che l’alleanza sponsale che intendono stringere tra di loro, o che hanno stretto tra di loro, ha come caratteristica l’indissolubilità, la chiamata alla perseveranza? A prima vista può sembrare di no; a prima vista l’indissolubilità può apparire una gabbia, una norma che costringe entro limiti e confini duri, severi e quasi crudeli.

Ma poniamoci una domanda: come è fatto l’amore? L’amore non è forse fatto in modo tale da contenere dentro di sé come esigenza costitutiva, proprio come esigenza costitutiva ed essenziale, il “per sempre”? E’ davvero un amore vero, autentico, maturo e perfetto un amore che dicesse: “ti amerò finchè mi andrà di amarti; finchè non mi stancherò di te; finchè l’amarti non mi costerà sacrificio”? non è forse debolezza, debolezza d’amore, il cessare di amare?

Ma poi, non è forse esigenza e bisogno profondo di ogni persona il sentirsi amata “per sempre”? Lo è anche nella forma più semplice e comune dell’amore, l’amicizia. Anche due amici sentono il bisogno, ciascuno, di essere amato dall’amico “per sempre”. Anche la rottura di una semplice amicizia pesa e fa soffrire gli amici, perché ciascuno avrebbe desiderato che la loro amicizia potesse durare per sempre. E un figlio non sente il bisogno di essere amato “per sempre” dai suoi genitori? E due genitori non sentono il bisogno di essere amati “per sempre” dai loro figli?

E così è anche tra sposi; perché questo è l’amore. Dire: “ti amo, ti voglio bene”, significa dire: “voglio il tuo bene”; e siccome il bene dello sposo è quello di sapersi amato “per sempre” dalla sposa (questo gli dà gioia, serenità, sicurezza, pace), la sposa lo amerà “per sempre”, così da essere risposta piena e illimitata a quel bisogno ed esigenza dello sposo di sapersi amato “per sempre”; e altrettanto è per la sposa, che pure ha bisogno di sapersi e sentirsi amata per sempre; e l’amore dello sposo per lei dovrà essere quindi un amore che dura “per sempre”.

L’indissolubilità del matrimonio non è perciò una legge che viene sovrapposta e imposta dal di fuori al matrimonio, ma è una esigenza che nasce dal di dentro di esso, che è contenuta in esso, e che scaturisce da esso.

Gesù indicando e chiedendo l’indissolubilità del matrimonio non fa che custodire l’amore degli sposi, non fa che salvaguardarlo, che difenderlo dalla debolezza, dalla “durezza di cuore” come egli la chiama; difenderlo da false proposte che si ammantano di diritto e di verità, e che invece sono menzogna e portano a tradire l’amore.

Certamente l’indissolubilità del matrimonio è una meta alta e superiore alle sole forze umane. L’uomo e la donna non sono capaci di amarsi così. Ed ecco allora il ricorso a Dio, a Dio che è capace di mettere dentro il loro cuore un amore indissolubile. La difficoltà dell’indissolubilità non deve portare ad abbassare l’ideale e a rinunciare ad esso, ma deve spingere a chiedere aiuto al Signore per poterlo vivere e realizzare. Che cos’è infatti il matrimonio celebrato religiosamente se non la volontà che ci sia Dio nel proprio matrimonio, e l’impegno a tenerlo presente quale ospite d’onore nel proprio rapporto sponsale? Tenerlo presente, Dio, con una preghiera costante, quotidiana; col ricorso frequente ai Sacramenti, in particolare la Confessione, che ci dona misericordia e ci educa alla misericordia, tanto necessaria nel rapporto di coppia; e col ricorso all’Eucaristia, che è per eccellenza il Sacramento dell’amore, “la scuola” dell’amore, in cui si celebra l’amore di Cristo e in cui si viene dotati della sua stessa capacità d’amare.

Ciò che Dio ha congiunto, l’uomo non lo divida”, dice Gesù.

Se ciò ci facesse paura, diciamo con sant’Agostino: “Signore, dà ciò che comandi, e comanda ciò che vuoi”. Chiediamo, e ci verrà dato; chiediamo, e avremo il dono di un matrimonio sostanziato di amore vero e “per sempre”.

Don Giovanni Unterberger

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