3° Domenica del Tempo ordinario

(Gio 3,1-5.10;   1Cor 7,29-31;   Mc 1,14-20)

Duomo di Belluno, sabato 24 gennaio 2015

Meglio programmare o lasciarsi programmare? Certamente programmare, viene da dire…; questo è l’istinto dell’uomo. Lasciarsi programmare è un rischio, può portare dove non si vorrebbe. Lasciarsi programmare richiede disponibilità, docilità, umiltà; richiede la morte dell’ “io”, e questo non riesce proprio facile e spontaneo all’uomo… L’uomo si sente spinto a programmare. Programmare gli dà sicurezza, gli dà senso di potere e di dominio su di sé, sugli eventi, sulle persone. Programmare sembra la cosa sempre buona da fare.

 

Giona, Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni si lasciarono invece programmare. Avevano fatto ciascuno i propri programmi, ma furono capaci di lasciarsi programmare.

 

Non conosciamo i programmi di Giona. La Bibbia di lui dice solo che era figlio di un certo Amittài; non dice se fosse già profeta in Israele o se fosse un semplice israelita qualunque. Fu comunque inviato da Dio a predicare a Ninive, città lontana e pagana; e Giona vi andò, non senza prima aver tentato di resistere, come sappiamo; ma alla fine vi andò.

Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni avevano programmato la propria vita: fare i pescatori sul lago di Genezareth, e così guadagnarsi da vivere. Ma sulla loro vita un altro, Dio, aveva pensato un programma diverso. Un giorno, mentre essi stavano, come il solito, pescando, si presentò Gesù, che, vistili, li chiamò e disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”.

Che salto! che cambiamento! che prospettiva diversa! Dove li avrebbe portati quel nuovo programma di vita? Di certo lontano; e non solo geograficamente… Li avrebbe portati a diventare seguaci del Messia, a lasciarsi ingaggiare nella sua opera e nella sua missione, fino a morire martiri anch’essi, come colui che li chiamava. Pietro e Andrea finirono in croce; Giacomo col capo mozzato dalla spada di Erode Agrippa.

Ma Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni dissero di “sì”. Dissero di “sì” subito: “Subito lasciarono le reti e lo seguirono”, dice il Vangelo.

Come avranno potuto avere una disponibilità così grande quei quattro uomini? Come avranno potuto dire un “sì” così generoso e così immediato? Certamente deve averli affascinati lo sguardo di Gesù; deve averli conquistati la voce di Gesù, voce nella quale Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni avvertirono qualcosa di mai avvertito prima: una chiamata mai avvertita prima; un amore e un affetto mai avvertito prima; una promessa grande, immensa, mai da nessuno rivolta loro prima. Certamente deve averli aiutati lo Spirito Santo con la sua grazie e con la sua luce.

Ma certamente quei quattro uomini furono capaci di un “sì” così pronto perché il loro cuore doveva essere un cuore “libero”. Erano “vergini” Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni! La verginità non è soltanto “non matrimonio”; Pietro infatti era sposato, eppure era “vergine”nel cuore.

C’è una verginità grande, profonda, radicale che è libertà da tutto; una verginità che è libertà da ogni attaccamento; che è volare alto pur dentro il quotidiano della vita. “Vergine” è colui che non ha idoli; colui che non ha programmi propri irrinunciabili; colui che è aperto e disponibile ai disegni di Dio che gli si svelano attraverso le circostanze e gli avvenimenti della vita.

San Paolo ce l’ha descritta in modo magistrale questa “verginità” nella seconda lettura: “Il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi quelli che hanno moglie, vivano come non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo”.

Il “vergine” non è attaccato a nulla; il “vergine” è attaccato solo al disegno di Dio, al programma di Dio. Papa Benedetto XVI nell’omelia della Messa di inizio pontificato disse: “Cari amici! In questo momento non ho un programma di governo da presentare. Il mio programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire le mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore, e lasciarmi guidare da lui, cosicchè sia egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.  La volontà del Signore gli chiese, in un certo momento,  di dare le dimissioni dal compito di papa. Papa Benedetto aveva un cuore “vergine”, vergine anche dal sommo pontificato.

Ecco l’invito che viene a noi oggi dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato: tendi alla “verginità”; esamina il tuo cuore e vedi se in esso ci siano attaccamenti, lacci, legami che ti tengono avvinto a cose tue, prigioniero di te stesso, dei tuoi progetti, del tuo “io”. Sii “libero”, libero da tutto, per seguire il Signore; il Signore vuole portarti a un “di più”, come portò a un “di più” Giona, Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni.

don Giovanni Unterberger

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